Partiamo da un esperimento. Andate in cucina, tirate fuori una scatola di spaghetti e prendetene uno tra le mani. Piegatelo al massimo finché non si rompe e contate quanti pezzi avete prodotto. Se non riuscite a generare solo due pezzi non vi preoccupate. Potreste provarci con ogni singolo pezzo della confezione e non ci riuscireste. È normalissimo. Anzi, un vero e proprio mistero che oggi, grazie al MIT di Boston, sembra aver trovato una soluzione.
La sfida (antica) degli spaghetti
Se pensate che questo sia poco più che un gioco, vi sbagliate di grosso. Nel 1939, anche Richard Feynman, fisico di fama mondiale e papà della moderna teoria quantistica, si arrabattava alla ricerca di una possibile spiegazione. Afferrava uno spaghetto, lo osservava curvarsi e poi spezzarsi. Ma non capiva il motivo di una frammentazione così abbondante. L’arcano venne svelato nel 2005, grazie agli studi di alcuni fisici francesi che elaborarono una teoria per descrivere tutte quelle forze che si mettono al lavoro quando un’asta o un bastoncino, lungo e sottile, viene sottoposto a tale azione.
Hanno così scoperto che quanto uno spaghetto subisce un piegamento in modo uniforme, e da entrambe le estremità, si spezza al centro, al massimo livello di curvatura. Questa rottura genera un’onda particolare che frattura ulteriormente lo spaghetto. Una scoperta che nel 2006, più di 60 anni dopo i tentativi di Feynman, è stata premiata con un Ig Nobel, ovvero quel riconoscimento che viene assegnato alle ricerche un po’ strane, inusuali, ma che non mancano certo di genialità. Un risultato encomiabili che, tuttavia, ha generato un’altra domanda: si può arrivare a forzare questa operazione e spezzare uno spaghetto in sole due parti?
La teoria del MIT
Al famoso istituto di Boston sono convinti di sì. In un articolo pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, due ricercatori hanno affermato di aver trovato un modo per riuscire nell’ardua impresa, piegando e spezzando centinaia e centinaia di spaghetti con uno strumento apposito. Si tratta di un’apparecchiatura in grado di far attorcigliare l’asticella per farla arrivare a un punto critico in cui la rottura, esattamente a metà, produrrà solo due pezzi.
Ronald Heisser e Vishal Patil hanno iniziato a piegare pezzi di pasta nel 2015. Solo recentemente però si sono accorti che l’effetto che cercavano si poteva ottenere solo facendo girare l’asticella su se stessa. Unico problema: “Devi farlo con grande forza”. Non basta quella delle mani. Per questo Heisser ha costruito un dispositivo per ruotare e torcere in maniera controllata i bastoncini. I due hanno poi registrato l'intero processo di frammentazione con una fotocamera da un milione di fotogrammi al secondo. L’esperimento, a quanto scrivono, dà gli stessi risultati “sia con spaghetti Barilla n°5 che con quelli n°7”. Il diametro della pasta, insomma, non c’entra.
Patil, invece, si è occupato di sviluppare un modello matematico che spiegasse come la torsione determinasse la rottura perfetta. Per fare questo, ha ripreso il lavoro precedente di altri scienziati francesi, Basile Audoly e Sebastien Neukirch, che avevano sviluppato una teoria originale per descrivere l'effetto "snap-back", quello per cui un'onda secondaria, causata dalla rottura iniziale di un bastone, crea le ulteriori e numerose fratture.
Le applicazioni sociali
Torniamo al discorso di prima: se pensate che sia solo una boutade, verrete ancora una volta smentiti. Secondo il MIT, infatti, studi di questo tipo possono avere applicazioni che esulano dal semplice ambiente culinario. Attraverso questi fenomeni è possibile capire meglio come si formano determinate crepe o comprendere perché alcuni materiali, assai diversi, subiscono rotture e fratture: dai nanotubi di ultima generazione ai microtubuli delle nostre cellule. L’unica cosa certa, almeno secondo Jörn Dunkel, professore associato di matematica applicata fisica al MIT, “si è trattato di un divertente progetto interdisciplinare iniziato e condotto da due studenti brillanti e testardi, che probabilmente non vorranno vedere, rompere o mangiare spaghetti per un bel po’ di tempo”. Ed è difficile non biasimarli.