Dieci citazioni che sono più chiare di 10 pagine, per capire quale Rai potrebbe essere sotto la presidenza di Marcello Foa: una vita a "Il Giornale" ed ora blogger affermato. Soprattutto presso una parte dell'opinione pubblica italiana.
"I sovranisti sono nel giusto e non ci fermerete"
“Oggi possiamo dirlo: i sovranisti avevano ragione e non c’è insulto che riuscirà a fermarci, per una ragione tanto semplice quanto inaspettata: gli elettori stanno distruggendo scheda dopo scheda quel costrutto neoglobalista e transnazionale che anni di incessante propaganda hanno tentato di trasformare in un Destino ineludibile”. (27 giugno 2018)
"Non siamo più una colonia di Francia e Germania"
“Il governo di Roma è così forte da piegare la Germania e da mandare in crisi (d’isteria) la Francia, che non sa più come domare un Paese troppo a lungo considerato alla stregua di una servile colonia…” (21 giugno 2018)
"Il piano di Mattarella va fermato"
“E allora tutto diventa chiaro: l’establishment europeista ha deciso di spezzare le reni all’Italia, come ha già fatto con la Grecia. Lo scenario che si profila è il seguente: scatenare una crisi paurosa del debito pubblico italiano, spingendo lo spread a livelli mai visti, provocare il panico, fino al momento in cui l’Italia verrà commissariata e Mattarella invocherà per il bene supremo del Paese la fiducia a Cottarelli (già in carica) e/o l’introduzione di misure straordinarie, come il rinvio sine die delle elezioni e la conseguente distruzione della reputazione e della popolarità di Salvini e di Di Maio, che verranno indicati come i responsabili di questa crisi. Se il piano avrà successo, servirà da monito a tutti i Paesi europei dove i movimenti “populisti” sono in ascesa e comporterà la definitiva sottomissione dei popoli europei alle oligarchie europee. Come dire: colpirne uno per educarne cento. Perché queste sono le logiche, indegne e autoritarie. Opporsi è un dovere civico e morale. Il piano deve fallire”. (29 maggio 2018, dopo lo stop del Quirinale alla nomina di Paolo Savona a ministro dell’economia)
"Salvini premiato perché coerente, Di Maio perde per aver strizzato l’occhio al Pd"
“Il nuovo corso di Salvini, capace in pochi mesi di proporsi come leader solido ed equilibrato, apre prospettive politiche di lungo periodo (su cui ritorneremo prossimamente) e complica il quadro a breve. Alla fine il cerino è rimasto in mano a colui che pensava di dettare le condizioni a tutti e che è riuscito persino a rivalutare Renzi, il quale, ribadendo il no a un accordo contro natura con il Movimento 5 Stelle, si è riappropriato della scena in casa Pd. Resta un solo, sicuro perdente: Di Maio, che non sarà premier, ha perso il Molise ed è stato quasi azzerato in Friuli. Chi l’avrebbe detto, la sera del 4 marzo?” (30 aprile 2018, dopo le regionali in Friuli Venezia Giulia)
"Trump lancia i missili in Siria guardando a Putin: orrore"
“L’attacco di questa notte rappresenta un grave errore e una svolta nella politica estera americana. E’ un gesto di intimidazione nei confronti del regime di Assad, ma anche – e forse soprattutto – nei confronti della Russia e dell’Iran”. (14 aprile 2018)
"Qualcuno cerca di mettere in difficoltà Putin"
“In questo contesto, ogni pretesto viene sfruttato per innervosire o indebolire Putin. Conoscendo l’obiettivo finale, bisogna chiedersi: ma che interesse aveva il presidente russo a tentare di eliminare un’ex spia, peraltro fuori dai giochi, ricorrendo al più spettacolare dei tentativi di omicidio, l’unico che – dopo la vicenda del polonio – tutto il mondo avrebbe attribuito al Cremlino? Ne converrete: non ha senso”. (27 marzo 2018, dopo la crisi internazionale che ha visto l’Ue sostenere le accuse di Londra secondo cui il Cremlino sarebbe stato il mandante del tentato omicidio di una ex spia russa a Salisbury)
"Le elezioni politiche sono state una svolta storica"
“Quella del 4 marzo è stata un’elezione storica per tre ragioni. La prima: l’establishment si era illuso che con la vittoria di Macron, la cosiddetta onda “populista”, alzatasi in occasione della Brexit e della vittoria di Trump, avesse esaurito la sua forza propulsiva. Il simultaneo successo del Movimento 5 Stelle e della Lega dimostra che non è così per una ragione molto semplice: quando il malcontento sociale è profondo e duraturo non basta un po’ di cosmesi per controllare l’elettorato. La seconda ragione riguarda il ruolo dei media, che hanno abdicato ancora una volta al proprio ruolo di cani da guardia della democrazia, prestandosi invece a manovre strumentali a sostegno dell’establishment. La terza: Salvini ha vinto perché ha saputo moderare i toni, dimostrando di non essere un pericoloso estremista, ma un vero leader politico anche per la precisione e la concretezza con cui ha saputo interpretare le preoccupazioni reali di un’Italia moderata, che fino a ieri si identificava solo in Berlusconi e che oggi si riconosce in lui”. (5 marzo 2018, dopo le politiche che hanno visto l’affermazione di Lega e M5s)
"Traini è solo un disadattato"
“Lo scopo del mondo “progressista” è di cambiare il giudizio collettivo, facendo leva sul senso di colpa e lasciando intendere che il gesto di Luca Traini non sia quello di un disadattato squilibrato, come io ritengo, bensì il sintomo di un rinascente fascismo in Italia”. (4 febbraio 2018, dopo l’attacco ad un gruppo di immigrati da parte di un giovane di Macerata, già vicino alla Lega, per vendicare una ragazza uccisa secondo le accuse da alcuni extracomunitari)
"L’Italia non è pronta per l’immigrazione"
“L’immigrazione incontrollata è fonte di ingiustizia e che l’integrazione di milioni di musulmani ovvero di una religione che non appartiene alla tradizione europea è pericolosamente velleitaria, tanto più da parte di un Paese, l’Italia, che non ne ha la cultura né l’esperienza e che non è pronto per una missione tanto importante. Peraltro, a mio giudizio, non è solo l’Italia ad essere impreparata ma tutti gli Stati europei, visti fallimenti e le crisi di rigetto che si manifestano dappertutto, a cominciare da quelli nel nord del Continente”. (21 gennaio 2018)
"I Panama Papers non fanno onore alla stampa"
“Ciò a cui assistiamo in queste ore non ha per nulla le stigmate del giornalismo di inchiesta, semmai di qualcos’altro ben più ambiguo e poco onorevole. Nell’aprile del 2013 l’International Consortium of Investigative Journalism – lo stesso che oggi propizia i Panama Papers – diffuse i nomi di 130.000 conti nei paradisi fiscali e delle fiduciarie di tutto il mondo che avevano aiutato i loro prestigiosi clienti ad aprirli. Lo schema mediatico di allora è identico a quello che emerge ora: una fonte passa al Consorzio di giornalismo una quantità enorme di documenti segreti, talmente colossale da indurlo a coinvolgere un certo numero di testate giornalistiche nella lettura e nella selezione di migliaia di documenti, la cui autenticità, però, è assicurata. Da chi? Ma dalla fonte stessa, che però non viene rivelata alle testate. Garantisce il direttore dell’International Consortium of Investigative Journalism”. (5 aprile 2016)