“Una nazionale completamente autoctona, un popolo di 4 milioni di abitanti, identitario, fiero e sovranista: la Croazia, contro un melting pop di razze e religioni, dove il concetto di nazione e Patria è piuttosto relativo: la Francia”. Ci sono molti modi diversi di approcciarsi ad una finale di Coppa del Mondo di calcio, quello di Paolo Bargiggia, uno dei volti più noti dello sport targato Mediaset, a molti non è andato giù. Il tweet della discordia infatti riaprirebbe una disputa della quale molto (troppo?) si sta parlando durante la campagna calcistica mondiale di Russia: gli oriundi. In rete, subito dopo la pubblicazione, gli animi si sono immediatamente scaldati, anche perché il tema, ovviamente di forte attualità soprattutto extracalcistica, non tarda ad essere percepito come ennesima manifestazione di nazionalismo estremo da parte del giornalista, di razzismo, scrivono in tanti sui social network.
Il “barbuto” Paolo infatti già nel 2015 si era reso autore di un tweet dai contenuti decisamente discutibili: “Piano piano ho deciso di bloccare i fan di zingari, cultura gay, immigrazione selvaggia e anti Italiani” e non ha mai nascosto le sue simpatie per Casa Pound che lo stesso definì, sempre sulla stessa piattaforma, apertamente “L’unico vero argine al degrado civile e morale rimasto in Italia.”, e per la quale da settembre scorso collabora anche con la testata ufficiale: Il Primato Nazionale – Quotidiano Sovranista.
Mediaset è intervenuta a gamba tesa ieri con una nota abbastanza netta: “Tgcom24.it e Sportmediaset.it si dissociano fermamente dalle affermazioni dal tenore e dal contenuto razzista pubblicate da Paolo Bargiggia sul suo account personale di Twitter, in particolare quelle legate alla finale mondiale tra Francia e Croazia”. “Razzista” quindi, senza se e senza ma. Effettivamente le parole usate nel tweet da Bargiggia, che essendo giornalista affermato di parole ci campa e quindi non le usa certo a caso, con una finale di Coppa del Mondo di calcio c’azzeccano davvero poco o niente, evocano più un confronto politico tra due modi diversi di selezione di professionisti per una rappresentativa nazionale, ma solo, ci duole dirlo, se ci si ferma all’aspetto fisico (“razziale”?) della formazione francese.
Anche perché, ed è stato fatto notare senza mezze misure a Bargiggia, da parte croata “Lovren, Corluka e l'allenatore sono nati in Bosnia, Rakitic in Svizzera, Kovacic in Austria. Alcuni giocatori hanno genitori di religioni diverse nati in diverse aree della ex-Jugoslavia” quindi la tesi del giornalista Mediaset, risulta perlomeno superficiale. Bargiggia però non si arrende e dal suo profilo Facebook risponde alla nota aziendale: “Purtroppo per i signori del comunicato, segnalo che in Italia non è previsto il reato d'opinione, che la parola razza è contemplata dalla Costituzione e che il mio tweet sul profilo personale, non aveva contenuti razzisti ma rappresentava una semplice analisi di realtà. Trattandosi di un'accusa gratuita e grave, mi riservo di tutelare la mia immagine nelle competenti sedi”.
Nel frattempo la guerra social tra chi considera perlomeno “rivedibile” l’analisi della “realtà” di Bargiggia e chi invece già cavalca l’hashtag #iostoconpaolo, impazza. Roberto ne loda “il coraggio”, Francesco “la libertà”, Tino ci avvisa che “I nani infoibatori del libero pensiero stanno capitolando” e qui un brivido corre lungo la schiena.
Lo abbiamo raggiunto al telefono Paolo Bargiggia, che ha tranquillamente ammesso la natura non calcistica del tweet ma rigetta fortemente le accuse di razzismo mosse da chiunque, specialmente da due rami (ci tiene a specificare) dell’azienda quali Tgcom24.it e Sportmediaset.it, che secondo lui avrebbero tra l’altro realizzato, con quella nota un clamoroso “autogol” che li espone a spiacevoli rivalse legali.
Il giornalista continua sostenendo di aver espresso un pensiero, suo, dal suo profilo personale, figlio di una logica ben definita derivante anche dalla sua esperienza di giornalista sportivo che rifiuta l’idea di Stati, perlopiù africani, che non possono permettersi - come, ci ricorda, ha confermato pochi giorni fa anche Maradona parlando di “mafia” delle nazionali europee - di mantenere addosso ai propri giocatori le maglie dei loro paesi d’origine. “Il mio caso è emblematico per dimostrare che il pensiero dominante travolge tutto, tu non puoi avere una posizione diversa che vieni tacciato di razzismo”. Sarebbe stato il pensiero dominante a “fregare” il collega di Mediaset, che aggiunge: “Sarei ipocrita se ti dicessi che fosse un’analisi sportiva, ma un evento come il mondiale lo può consentire. Che non sia piaciuto perché il pensiero dominante è altro, ci sta. Ma da qui ad essere definito razzista ce ne passa”.