L'articolo che segue è a cura della Onlus Riparte il futuro.
Erano stati più di 5.000 lo scorso anno a partecipare alla consultazione pubblica per chiedere una normativa europea di protezione dei whistleblower. Numeri importanti che forse verranno replicati con la consultazione che si sta chiudendo in queste ore, lanciata dalla Commissione europea dopo la presentazione di una bozza di Direttiva in materia di tutela di chi segnala corruzione, frodi e illeciti sul posto di lavoro, oggi troppo spesso costretto a subire mobbing, demansionamenti e licenziamenti immotivati.
La bozza arriva dopo un lungo periodo di gestazione, ed è dovuta soprattutto alla serrata campagna di pressione portata avanti da una coalizione di oltre 90 organizzazioni della società civile (tra cui Riparte il futuro) - sindacati, ONG, comunità di giornalisti - unite nel tentativo di convincere le istituzioni europee ad armonizzare i diritti dei whistleblower in tutti i Paesi membri dell’Unione. Attualmente infatti meno della metà degli Stati comunitari hanno leggi in difesa dei whistleblower e le normative sono spesso carenti e caotiche (inclusa per certi versi quella italiana). La bozza di direttiva muove anche dall’evidenza che una disciplina sul whistleblowing potrebbe contribuire aprevenire la corruzione recuperando cifre consistenti, come ha dimostrato un recente studio della Commissione europea secondo il quale nel solo ambito pubblico la protezione dei whistleblower consentirebbe di recuperare fino a 9.6 miliardi all’anno nel settore degli appalti sul territorio comunitario e fino a 997 milioni all’anno solo in Italia.
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Una direttiva europea contribuirebbe anche a migliorare la situazione dei whistleblower italiani. Per quanto il nostro Paese abbia introdotto, alla fine dello scorso anno, una legge che li tutela, rimangono ancora diverse lacune sulle quali la bozza di direttiva potrebbe intervenire direttamente. Per esempio, ponendo parzialmente fine alle disparità di trattamento tra ambito pubblico e privato: la direttiva si applicherebbe infatti a tutte le imprese private con più di 50 dipendenti, mentre in Italia attualmente la protezione è prevista solo per le grandi aziende dotate di modelli organizzativi ai sensi del D. lgs. 231/01. È un buon segnale anche il fatto che la direttiva estenda la definizione di lavoratori meritevoli di tutela anche a consulenti, lavoratori part time, volontari e più in generale, a chiunque segnali nell’interesse pubblico (in Italia attualmente sono protetti solo i dipendenti). Vale la pena menzionare anche l’ampliamento delle condotte oggetto della segnalazione: mentre in Italia, per essere protetti, si deve agire solamente in base all’ “interesse dell’integrità della Pubblica amministrazione” e nel settore privato si possono solo segnalare reati, la bozza di Direttiva prevede che possano essere oggetto della segnalazione anche i fatti che non hanno una sola rilevanza penale, come ad esempio l’elusione fiscale).
Nei suoi principi generali, la bozza di direttiva riconosce l’importanza del whistleblowing per il giornalismo investigativo, segnando di fatto un importante passo avanti. È vero infatti che nel recente passato questioni di grande rilevanza per l’interesse pubblico, come il caso LuxLeaks rivelato da Antoine Deltour o il caso NSA svelato da Edward Snowden, sono emerse grazie alla stampa a cui i due si sono rivolti. Anche per questo è importante che nascano piattaforme come Italialeaks da poco lanciata da AGI, che permettono ai segnalanti di rivelare in incognito e sotto protezione episodi di corruzione, di illegalità o gli affari della criminalità organizzata. Non sempre lavoratori e cittadini hanno il coraggio di rivolgersi al diretto superiore o alle autorità competenti, temendo per la loro incolumità. Ecco perché è importante ampliare i canali di segnalazione, facendo della stampa uno dei principali presidi di legalità. La legislazione corrente italiana non garantisce alcuna protezione al lavoratore/whistleblower che si rivolga direttamente ai mezzi di informazione. Anche in questo caso la direttiva colmerebbe le lacune della legge italiana, pur non garantendo segnalazioni esterne immediate e incondizionate.
Proprio per migliorare la bozza di Direttiva, che ora entrerà nel vivo del processo di approvazione, Riparte il futuro ha inviato alla Commissione le proprie osservazioni chiedendo di modificare alcuni aspetti critici, che rischiano di compromettere la portata complessiva della bozza. Fra le previsioni che destano più perplessità, balzano all’occhio i termini di riscontro concessi all’ente che riceve la segnalazione, che possono arrivare fino a 6 mesi: un lasso temporale decisamente lungo, che permetterebbe all’ente di inquinare le prove prima dell’arrivo degli inquirenti. Inoltre la direttiva prevede sanzioni per le segnalazioni diffamatorie, ma la previsione è inutile perché il reato di diffamazione esiste già e viene punito, mentre la paura di sanzioni potrebbe scoraggiare potenziali segnalanti. Infine, il testo non affronta il tema dell’anonimato, mentre il movimento a favore dei whistleblower reclama da tempo l’importanza di prendere in considerazione anche le segnalazioni anonime, qualora siano precise e supportate da documenti.
I tempi sono piuttosto stretti, perché nella primavera 2019 si terranno le elezioni europee e occorre che l’iter si concluda prima di aprile, mese di scioglimento del Parlamento di Strasburgo.
L’auspicio è che il nostro Paese voglia giocare un ruolo preminente nel migliorare il testo: la legge di protezione dei whistleblower italiani approvata a larga maggioranza lo scorso novembre è stata voluta da Francesca Businarolo, deputata del Movimento 5 Stelle, che ha lavorato a lungo sul tema. Visto che l’implementazione del whistleblowing è uno dei punti del contratto siglato da Lega e Movimento 5 Stelle, il governo dovrà portare sul tavolo delle discussioni europee un tema centrale per contrastare la corruzione e l’illegalità.
Noi non ci fermeremo: assieme a tante altre organizzazioni europee siamo pronti a dare battaglia affinché la bozza diventi una buona direttiva, davvero utile ed efficace, destinata a uniformare in tutti gli Stati membri la protezione nei confronti di chi in fondo non fa altro che il proprio dovere, quello di segnalare atti potenzialmente illeciti.
(Federico Anghelé e Priscilla Robledo - Riparte il futuro)