Vi ricordate di Chloe Ayling, la modella ventenne britannica rapita a Milano lo scorso luglio? Oggi torna a parlare e racconta, in un’intervista al Guardian, la sua verità.
“La gente non mi ha creduto perché non ero in lacrime” durante le interviste televisive, commenta. La sua vicenda, in effetti, era parsa ai più poco credibile. Eppure, per quel rapimento goffo e dall’esito fortunatamente lieto, il responsabile dovrà scontare sedici anni e nove mesi di carcere.
Lei oggi spiega il dietro le quinte dei sorrisi con cui ha accolto la televisione raccontando quei giorni di rapimento. “Ero felice – spiega -. E poi le telecamere fanno parte della mia vita di ogni giorno”. Ma non è tutto qua: secondo Ayling, che per molto tempo non è stata creduta, nei suoi confronti ci sarebbe stato anche un pregiudizio: “Lo stereotipo che noi modelle vogliamo soltanto notorietà e pubblicità”.
Una storia controversa
“Più si guarda questa storia, più sembra piena di aspetti controversi”, scrive il reporter del Guardian che ha incontrato Ayling nel giorno del suo ventunesimo compleanno. “Per certi versi sembra così giovane, ridacchiante, ingenua – scrive -. Per altri, pare più vecchia dei suoi anni”. La storia della modella inglese è davvero difficile da decifrare. Lei oggi spiega di “aver viaggiato moltissimo per cercare di mettermi l’ultimo anno alle spalle, per quanto possibile”. Ma in questi dodici mesi ha pubblicato due libri, “Rapita - La storia non raccontata del mio rapimento” e “Sei giorni”, e rilasciato diverse interviste tra cui una, dai toni particolarmente accesi, allo show britannico Good Morning Britain.
“Ancora oggi, quando parla di quanto accaduto, ci sono momenti in cui sembra confondere la realtà con il mondo immaginario costruito dalle menzogne del suo rapitore”, scrive il Guardian. Il suo sequestratore, il trentenne di origine polacca Lucasz Herba, le aveva raccontato di appartenere ad un'organizzazione chiamata Black Death, un violento gruppo rumeno di trafficanti di persone, che lo stesso Herba voleva disperatamente lasciare.
Per poter abbandonare questa sedicente organizzazione, in realtà mai esistita, avrebbe dovuto raccogliere 300 mila euro, la stessa cifra chiesta sul dark web per 'vendere' la ragazza. Se non ci fosse riuscito, il destino di entrambi sarebbe stato tragico. Motivo per cui Ayling, spiega ora lei, non ha voluto rinunciare a condividere il letto con il suo rapitore e a passeggiare mano nella mano con lui. “Non avrei mai voluto farlo arrabbiare, perché (accontentarlo, ndr) era l’unico modo per salvarmi”. Fino a fargli credere che, una volta finita tutta quella brutta storia del rapimento, avrebbero avuto una storia.
Le bugie alla Polizia italiana
C’è poi quella storia dello shopping insieme: Herba e Ayling hanno comprato un paio di scarpe per lei durante i sei giorni del rapimento, avvenuto tra l’11 e il 16 di luglio 2017. Al momento dell’interrogatorio della Polizia italiana, però, lei non lo raccontò. Perché? “Ero interrogata da dodici ore, sotto shock – spiega lei -, volevo solo andarmene e così non ho citato quella cosa”. E perché accettare di andare a far shopping con chi tiene in pugno la tua vita? “Nessuno sa come reagirebbe in determinate situazioni – attacca lei -. In quei momenti fai tutto ciò che credi possa renderti libera”.