È intuibile che, dopo l'annuncio via Facebook di Enrico Mentana, che intende lanciare un giornale online con una redazione composta da giovani, la casella del direttore del Tg La7 sarebbe stata tempestata di curricula e candidature. A migliaia. Né potrebbe essere altrimenti, in un settore che ancor più di altri è dominato da un mercato del lavoro a due velocità: da una parte chi ce l'ha fatta (nella maggior parte dei casi prima della crisi finanziaria) e gode di tutte le tutele previste dal contratto nazionale, dalla quattordicesima alla Casagit. Dall'altra una sterminata platea di precari eterni, che sopravvive elemosinando collaborazioni e si vede negata la prospettiva di un futuro stabile, di un posto in una redazione, pur non avendo in tanti casi meno talento dei colleghi che, al sicuro di un contratto blindato, a volte finiscono per impigrirsi. E magari per perdere il contatto con quella stessa realtà che dovrebbero raccontare.
Mentana, presumibilmente dopo numerose richieste di contatto o spiegazioni, chiarisce con un secondo post che il progetto verrà delineato a settembre. E che, nel frattempo, non è il caso di continuare a inviargli curricula.
"Immaginavo che il mio post di ieri avrebbe provocato una reazione molto estesa: conosco e studio da tempo lo scollamento sociale che si è generato a scapito delle nuove generazioni e il divorzio tra giovani e informazione tradizionale. Conosco anche direttamente l'ingiustizia che si è creata nelle professioni, dove un turn over generazionale è semplicemente inconcepibile. Avevo detto a più riprese che era un dovere, per noi che ce l'avevamo fatta quando tutto era molto più facile, provare a restituire qualcosa in termini di chance per i giovani. E so che i buoni esempi, se funzionano, possono essere contagiosi, nel mio come in altri ambiti", scrive il direttore del Tg La7.
"Già in migliaia mi hanno scritto"
"Ma è bene essere chiari: io non posso da solo risolvere la questione giovanile in Italia - prosegue - Se ne avessi avuto la forza e l'ambizione, oltre che idee adeguate, avrei lanciato l'idea di fondare un movimento, non un quotidiano on line. E sono solo un giornalista che vuol fare qualcosa di utile, non il ministro del lavoro. Lo dico perché almeno all'inizio l'idea del quotidiano fatto dai giovani per i giovani si concretizzerà direttamente in alcune (spero molte) decine di posti di lavoro, mentre già in diverse migliaia mi hanno scritto, in una sorta di prematuro cammino della speranza on line.
"Quindi, per favore, non mandatemi curriculum. Per i mesi di luglio e agosto devo mettere a punto il progetto, garantirne la sostenibilità, delineare quel che potrò fare in prima persona, compatibilmente col mio ruolo di direttore non pigro di un tg, e con i vincoli che - sia pure con la consueta amicizia - mi darà il mio editore. Poi a settembre vi racconterò qui la road map e le modalità con cui si cercherà di fare il reclutamento dei redattori e collaboratori nel modo migliore e più trasparente", conclude, "voglio fare le cose al meglio, anche perché se lavoreremo bene altri poi magari seguiranno la stessa strada, e comunque l'obiettivo è creare un nuovo rapporto tra i giovani e l'informazione: la soddisfazione - se vinceremo - verrà dal consenso dei lettori, attraverso l'entusiasmo e la capacità di chi ci lavorerà. Ma ogni cosa a suo tempo. Fino a settembre stop a curriculum e affini, chiaro? P.S. Grazie a tutti i giornalisti coi capelli grigi che hanno condiviso lo spirito dell'idea e si sono messi a disposizione. Confermo: gli stagisti saremo noi!"