Stop alla vendita dei prodotti a base di cannabis 'light', cioè con il principio attivo Thc inferiore ai limiti di legge, con i negozi 'green' proliferati negli ultimi mesi in tutta Italia. Questo il parere formulato dal Consiglio Superiore di Sanità su richiesta del ministero della Salute lo scorso febbraio. Dal mondo scientifico giungono posizioni diverse e articolate. Il governo prende tempo e si rivolge all'Avvocatura di Stato. I produttori, intanto, manifestano forte preoccupazione per un mercato che è esploso in breve tempo e ha presumibilmente sottratto risorse non trascurabili al narcotraffico. E chiedono chiarezza.
"Non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa", avverte il Css, che "raccomanda che siano attivate nell'interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita". Questo perché il limite di Thc previsto dalla legge (0,2-0,6%) "non è trascurabile", e gli effetti psicotropi possono comunque prodursi, magari aumentando le dosi. Peraltro con un consumo "al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che possa produrre".
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Secondo il Css peraltro non è stato valutato "il rischio connesso al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni (età, presenza di patologie concomitanti, stato di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, etc..) così da evitare che l'assunzione inconsapevolmente percepita come 'sicura' e 'priva di effetti collaterali' si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, guida in stato di alterazione)".
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Il farmacologo: "Gli effetti psicotropi ci possono essere comunque"
"Lasciare che proliferassero questi cannabis shop che vendono prodotti cosiddetti 'light' è stato un grave errore", dichiara all'Agi il farmacologo Silvio Garattini, membro del Css, "questa vendita libera dà l'idea che questa droga possa circolare tranquillamente, ma il limite del Thc fissato dalla legge non esclude affatto che ci possano essere effetti psicotropi: anche con un Thc molto basso bastano due o tre spinelli per 'sballare', specie per i più giovani con il cervello in fase di sviluppo. Secondo me bisogna intervenire e regolamentare il fenomeno". Di parere diverso Cherubino Di Lorenzo, neurologo presso il Centro Cefalee dell'Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini), secondo il quale saremmo di fronte a un argomento molto spinoso e sul quale si fa tanta confusione.
"Il neurologo: "Lo stesso principio dovrebbe valere per l'alcol"
"Sembrerebbe che la bassissima concentrazione di Thc possa mettere a riparo dai maggiori rischi di eventuali eventi avversi dovuti all'utilizzo della cosiddetta cannabis legale. Tuttavia, nessuno puo' dire questa cosa con assoluta certezza perché ad oggi mancano dati sufficientemente ampi e consolidati per poter essere sicuri", spiega De Lorenzo, "infatti, la cosiddetta cannabis legale contiene basse concentrazioni di Thc, il principio attivo psicotropo della marijuana. Come in tutte le cose è la dose che fa il veleno. Prenderne una quantità eccessiva può sicuramente comportare un rischio di incorrere nell'effetto psicotropo della sostanza, ma tale principio dovrebbe essere valido per ogni sostanza attualmente di libera vendita, come gli alcolici".
Grillo: "Chiederò il parere dell'avvocatura di Stato, poi la decisione"
Giulia Grillo, ministro della Salute, in una nota fa sapere di seguire "con grande attenzione la questione della commercializzazione della cosiddetta cannabis light. Il precedente ministro della Salute il 19 febbraio scorso ha chiesto un parere interno al Consiglio superiore di sanità sulla eventuale pericolosità per la salute di questa sostanza. Il Consiglio si è espresso il 10 aprile scorso e il ministro ha investito della questione l'Avvocatura generale dello Stato per un parere anche sulla base degli elementi da raccogliere dalle altre amministrazioni competenti (Presidenza del Consiglio e Ministeri dell'Interno, Economia, Sviluppo economico, Agricoltura, Infrastrutture e trasporti). Non appena ricevero' tali indicazioni - conclude - assumero' le decisioni necessarie, d'intesa con gli altri ministri".
Il fondatore di EasyJoint: non facciamo nascere un mercato nero
Giusto dare regole su un fenomeno "nuovo, che di fatto c'è da un anno". Ma chiudere il mercato della cannabis light "porterebbe sicuramente alla nascita di un mercato nero", sottolinea Luca Marola, cofondatore di Easyjoint, una delle più grandi aziende italiane di cannabis light, intervistato da Radio Capital. "È un parere non vincolante, ma è normale che il Consiglio Superiore di Sanità ponga dubbi. Servono studi, approfondimenti, è legittimo che si prendano tutte le precauzioni del caso. Ben vengano queste stimolazioni istituzionali per regolamentare il mercato. Noi ci siamo autoregolamentati in mancanza di regole". Secondo Marola, "siamo alleati non nemici, dobbiamo lavorare affinché i dubbi del Css vengano fugati. Chiudere questo mercato sarebbe veramente difficile, nascerebbe il mercato nero della cannabis light. Il consumo non sta facendo nessun danno: in un anno di vita, con tutti i giornali molto attenti al fenomeno, non è mai uscito nemmeno un articolo a significare un abuso di queste sostanze, è un progetto buono e un consumo buono, dobbiamo dimostrarlo".
Un giro d'affari da 40 milioni
"Occorre fare chiarezza per tutelare i cittadini e le centinaia di aziende agricole che hanno avviato nel 2018 la coltivazione di canapa, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli V.G. Sicilia e Sardegna con il moltiplicarsi di esperienze innovative", sottolinea la Coldiretti, ricordando che in Italia nel giro di cinque anni sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne. Dalla nuova legge approvata nel dicembre 2016, secondo Coldiretti, si è sviluppato intorno alla 'cannabis light' un giro d'affari potenziale di 40 milioni di euro.
Chiusi due negozi a Macerata
Proprio oggi la squadra mobile di Macerata ha comunicato la chiusura di due negozi che vendevano cannabis light con un principio attivo che risultava superiore a quanto consentito. Dal comunicato emerge però che il livello di Thc riscontrato era pari allo 0,6%, ovvero il limite massimo consentito dalla legge.