La Procura ha aperto un'inchiesta sul raid avvenuto la domenica di Pasqua in un bar di via Salvatore Barzilai, alla Romanina, periferia est di Roma, quando due esponenti del clan Casamonica, pretendendo di essere serviti per primi, hanno aggredito e picchiato una ragazza con disabilità, il barista romeno e poi hanno distrutto il locale. Il procedimento, avviato per i reati di lesioni, minacce e danneggiamento, è stato affidato alla polizia e chiama in causa Antonio Casamonica e suo cugino Alfredo Di Silvio, come riporta il quotidiano 'La Repubblica'.
A dare il via agli accertamenti del commissariato Romanina è stata la denuncia presentata dalla ragazza. Non è escluso che il caso possa finire all'attenzione dei magistrati della Dda, considerati i personaggi coinvolti.
"Dopo quello che è successo loro continuano comunque a passare qui davanti tutti i giorni, non prendono più il caffè ma ci fanno vedere la loro presenza". La moglie del titolare del Roxy Bar di via Barzilai non nasconde la sua preoccupazione dopo quanto avvenuto il giorno di Pasqua. In questa caffetteria, situata in un vicolo stretto tra capannoni industriali e case basse a ridosso del Grande Raccordo Anulare a Pasqua, racconta oggi la Repubblica, il titolare e una ragazza disabile sono stati picchiati da alcuni componenti del clan Casamonica. Oggi è lei, Rossana, a servire i clienti dietro al bancone, e sembra abbia chiesto al marito di tenere aperto il locale anche dopo le ulteriori minacce che il titolare del bar avrebbe ricevuto per indurlo a ritirare la denuncia per le percosse subìte.
"Quando sono tornati il giorno di Pasqua sono entrati dietro al bancone - aggiunge la donna - hanno preso uno dei manici di metallo della macchina del caffè e lo hanno tirato contro il barista. Non lo hanno preso ma hanno rotto un vetro, poi lo hanno colpito con delle bottiglie". Il bar è aperto ma presidiato da una volante della Polizia e due vetture con agenti in borghese. La Polizia sta indagando sull'accaduto: al vaglio i filmati della telecamera posizionata sulla cassa del bar, che inquadra l'intero locale, e alcuni scatti. Oltre naturalmente ai racconti degli aggrediti e alle notizie uscite su giornali e siti web. Ma sono le immagini del video a parlare da sole.
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Su Repubblica il racconto di quella mattina, il racconto di quel pestaggio violento, finito sulla telecamera di sorveglianza del bar. Il quotidiano racconta l'aggressione alla ragazza disabile: "La prendono alle spalle, la frustano e poi calci, pugni fino a quando crolla a terra massacrata. La bambina sgrana gli occhi terrorizzata, ma nessuno si muove, nessuno interviene per difendere quella giovane. Una donna e disabile. Le strappano di mano il telefono e, mentre lei striscia a terra e chiede di riaverlo indietro, glielo lanciano contro ordinando: 'Se chiami la polizia ti ammazziamo' . Il messaggio vale per tutti. Il locale si svuota, resta solo il barista a soccorrerla e a consigliarle di andarsene 'perché torneranno' . E infatti mezz'ora dopo eccoli arrivare, Alfredo Di Silvio irrompe con il fratello Vincenzo. Spaccano la vetrina, rovesciano tavoli e sedie: 'Qui comandiamo noi, non te lo scordare: questa è zona nostra. Ora questo bar lo devi chiudere, altrimenti sei morto' . Anche questa volta non interviene nessuno. Sono cinque i clienti che rimangono seduti a giocare ai videopoker. Il barista è a terra, il suo volto è coperto di sangue. Gli schizzi arrivano fino al muro, colano accanto al calendario della Guardia di finanza. Intorno a lui sembra sia scoppiata una bomba, è tutto in frantumi".
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Ancora: "Trenta giorni di prognosi per lei, otto per lui. Li hanno massacrati. La giovane non conosce i suoi aguzzini, era lì per caso, ma ha capito che appartengono alla famiglia, quella che comanda e di cui bisogna aver paura. Il barista invece sa bene chi sono, i Di Silvio abitano nella stessa via e i Casamonica cento passi più in là. Le due vittime però, il giorno dopo, si fanno coraggio e denunciano. Un affronto senza precedenti, quando il clan lo scopre fa scendere in campo un pezzo da novanta. Enrico, il nonno dei fratelli Di Silvio, condannato per sequestro di persona e lesioni, si presenta al bancone. Ordina un caffè e il ritiro immediato delle accuse, pena la morte. La violenza mafiosa di chi sente padrone. Il barista è terrorizzato e per due giorni la serranda rimane abbassata. La moglie però non ci sta, quel locale aperto con tanti sacrifici è il loro lavoro, la loro vita e non possono rinunciarci".