Il bullismo continua a far paura nelle scuole (e non solo), come confermano gli ultimi episodi di cronaca. Un fenomeno costante e consistente, che non riguarda ormai solo le angherie tra coetanei ma anche violenze e minacce contro i professori. I dati disponibili parlano chiaro: in Italia c'è in media almeno un caso di bullismo al giorno. Questa la cifra che emerge dalle segnalazioni al Telefono Azzurro dell'anno 2017. Sono infatti il 10% le richieste di aiuto rivolte all'associazione che riguardano episodi di bullismo e cyberbullismo. Di queste il 46% proviene dal Nord Italia, seguono il Sud e le Isole con il 31% e il Centro con il 23%.
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Il bullismo fa paura, soprattutto nella sua versione web, come dimostrano i risultati del dossier 'Spett-attori del web', costruito su una ricerca effettuata sempre da Telefono Azzurro insieme a Doxa Kids, che riguarda il comportamento di utilizzo di piattaforme e device tecnologici da parte dei 12-18enni. Il 72% degli intervistati racconta che la paura maggiore è legata alla diffusione di foto intime e video a sfondo sessuale. Uno su quattro teme di essere ricattato per la pubblicazione di questo genere di contenuti su un social network o la diffusione attraverso piattaforme di instant messaging. Oltre la metà degli adolescenti (59%) ha vissuto esperienze spiacevoli e negative durante la fruizione di una diretta streaming.
Inoltre, da un sondaggio di Amnesty International, realizzato in collaborazione con Doxa, emerge che 7 italiani su 10, circa il 71%, sono convinti che il fenomeno stia aumentando. Di questi il 45% crede che l'incremento sarebbe dovuto proprio alla cassa di risonanza fornita dai social media, mentre per il 26% è colpa del costante clima di incitamento all'odio presente sui media. Ma per un italiano su quattro, in realtà il bullismo è sempre stato presente. E non ci sono sostanziali differenze rispetto al passato, se non che oggi si registrano più denunce.
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Stando agli ultimi fatti di cronaca le aggressioni di studenti nei confronti dei propri professori sembrano fenomeni all'ordine del giorno. Eppure, in base a ciò che hanno raccontato i circa 7 mila studenti di scuole medie e superiori, interpellati da Skuola.net, il fenomeno è meno grave di quanto si percepisca. Solo il 7% dei ragazzi, infatti, dice di aver assistito a uno scatto d'ira di un proprio compagno che aveva come bersaglio il docente di turno. Stiamo parlando di poco più di 1 studente su 20. E, nella maggior parte dei casi, si tratta di aggressioni verbali: il 55% degli intervistati riporta che il coetaneo si è 'limitato' a insulti e improperi.
Più di un terzo delle volte (36%), però, lo studente è passato alle vie di fatto, alzando le mani verso l'insegnante. Che, in termini assoluti, si traducono in pochissimi episodi. Davanti al bullo il problema, semmai, è l'atteggiamento della classe. Perché, quando accadono cose del genere, gli altri studenti non intervengono. Anzi, contribuiscono a far diventare virale la scena, tra chi frequenta la scuola (e non solo). Mettendo in atto una sorta di cyberbullismo ai danni dei prof.
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Per il 27% degli intervistati, i ragazzi che hanno assistito allo scontro si sono limitati a riprendere con lo smartphone, per scattare foto o girare video di quanto stava avvenendo, da caricare online sui social network o passarsi via chat, ridicolizzando il docente o esaltando l'impresa. A cui va aggiunto un 20% che afferma che nessuno ha difeso l'insegnante. Secondo il 16%, c'è stato chi ha preso addirittura le parti del compagno. Appena 1 su 5 - il 21% - conferma che c'è stato almeno il tentativo di placare gli animi. Forse anche per questi strascichi 'tech', per la paura che si gonfi a dismisura l'attacco nei propri confronti, ben oltre le mura della scuola, che tantissimi professori decidono di subire in silenzio. Proprio quello che è avvenuto più spesso negli ultimi episodi. Sempre in base ai racconti degli studenti, nel 43% dei casi i docenti non hanno reagito alla violenza (fisica o verbale che sia).
Per il 57%, invece, gli insegnanti hanno risposto all'affronto adottando la stessa arma usata dall'alunno. Un quadro che vede gli insegnanti messi sotto pressione anche da un altro fronte: quello dei genitori. Perchè quasi 1 ragazzo su 10 sostiene che pure le famiglie si danno il loro bel da fare: l'8% dice che più di un genitore ha offeso un docente per il trattamento riservato al figlio (qualcuno ha persino alzato le mani). E allora il problema diventa sistemico.
Un app contro i bulli
Contro il bullismo e il cyberbullismo non mancano comunque azioni che tentano di ridurre il fenomeno. è il caso di You Pol, l'app che ha lo scopo di permettere a tutti, giovani e adulti, di interagire con la Polizia di Stato, consentendo l'invio di segnalazioni di episodi di bullismo. Grazie a You Pol è possibile quindi inviare immagini o segnalazioni scritte direttamente alla sala operativa della questura, anche se il segnalante si trova in una provincia diversa. Sarà possibile così denunciare all'autorità di polizia fatti di cui si è testimoni diretti (anche mediante foto o immagini acquisite sul proprio cellulare) ovvero notizie di cui si è venuto a conoscenza indirettamente (link, pagine web, ricezione messaggi, informazioni orali).
L'app permette anche di fare una chiamata di emergenza (attraverso un pulsante di colore rosso) alla sala operativa (113 o 112 Nue qualora presente). Non mancano inoltre iniziative di sensibilizzazione come quella di Smemoranda che ha dato vita al progetto "Sbullizzati", grazie al quale una sezione del sito Smemo è stata dedicata alla lotta contro il bullismo. Ogni quindici giorni sono previsti incontri per parlare del tema con ragazzi e adulti che hanno vissuto il bullismo sulla loro pelle o che lo combattono ogni giorno. Inoltre alcuni personaggi famosi, come Francesco Totti, Alvaro Soler, Alex Zanardi, Amadeus, Alvin, Enrico Lucci, Dolcenera, Arisa, Juliana Moreira, Anna Safroncik, Luca Marin, Elisabetta Gregoraci, Edoardo Stoppa, Edoardo Mecca, Leonardo Fiaschi, Lorenzo Baldassarri e Simone Origone, si sono messi a disposizione di telefono azzurro per girare alcune videoclip e diffondere l'hashtag #NonStiamoZitti. Lo scopo è quello di rilanciare il messaggio chiave dell'abbattimento del muro del silenzio - parlare, denunciare, vincere la vergogna - che circonda e alimenta il fenomeno.