Il futuro delle news è mobile first. E il giornalismo di domani passa sempre di più attraverso lo smartphone. All’International Journalism Festival di Perugia le principali agenzie del mondo raccontano come sono sopravvissute all’avvento dei social e della rete e alle previsioni che già ipotizzavano una loro lenta ma inesorabile scomparsa.
Tutto grazie alle nuove tecnologie, agli strumenti digitali e a un’attenzione, sempre maggiore, ai contenuti multimediali di qualità. “La crisi dell’editoria ci impone di fare delle scelte. In futuro si dovrà fare sempre di più e meglio con meno risorse”, ha detto in apertura Marco Pratellesi, condirettore di Agi. Se da una parte, dunque, l’agenzia deve saper trovare e confezionare le notizie per i propri clienti, dall’altra deve sviluppare e vendere le tecnologie per farle circolare in un mondo sempre più rapido e digitale.
E per mostrare come si fa, nella Sala Dottorato accanto al Duomo di Perugia, ci sono Marco Pratellesi, condirettore di Agi, Jane Barrett di Reuters, Francesco Marconi del Wall Street Journal e Christophe Schmidt di AFP.
La newsroom di Agi Mobile
Il panel si è aperto con la presentazione di #AgiMobile la nuova app per consultare ed editare i contenuti dell’Agenzia Italia direttamente dallo smartphone: “Rimettiamo al centro il lavoro del giornalismo. Facendolo uscire dagli uffici e dalle redazioni”, ha spiegato Pratellesi. L’app è uno dei 5 strumenti offerti da Agi Connect, la piattaforma realizzata per migliorare il lavoro dei professionisti dell’informazione e della comunicazione. Disponibile per iPhone e per smartphone Android, Agi Mobile, realizzata in collaborazione con D-Share, può essere utilizzata gratuitamente per i primi due mesi durante i quali sarà possibile consultare, in modo rapido e semplice, i notiziari Agi; configurare i news alert basati su keywords; realizzare testi, video e foto sia ex-novo, sia partendo dai contenuti dell’Agenzia Italia, che possono essere ri-editati, integrati ed inviati a vari destinatari in modalità multiple. L’accesso è possibile previa installazione dell’app e autenticazione (username e password). “Diventare una agenzia mobile first vuol dire liberare i giornalisti per tornare a fare il nostro lavoro principale: essere dove accadono i fatti, coprire il territorio per offrire ai nostri abbonati notizie originali e verificate”, ha detto Pratellesi. “I giornalisti potranno cosi ricevere le notizie direttamente su Agi Mobile in tempo reale e rilanciarle sulle proprie testate ovunque si trovino”.
Un futuro consapevole e ricco di piattaforme alternative. La visione di Reuters
Jane Barrett non ha dubbi: “Quello che è successo negli ultimi giorni intorno a Facebook e ai social è estremamente positivo”. Secondo la global head of multimedia di Reuters cambierà il nostro rapporto nei confronti di quelle piattaforme che gestiscono i nostri dati e attraverso le quali ci informiamo. Ma allo stesso modo spingerà anche i giornalisti a interrogarsi sul ruolo di Facebook all’interno del sistema mediatico. Le redazioni inizieranno a porsi il problema di decidere quali debbano essere le regole in gioco accettando meno quelle imposte dalle piattaforme. E faranno una riflessione maggiore sui contenuti da postare e far veicolare attraverso questi canali. “Saremo meno passivi e proveremo a costruire contenuti sempre più nuovi e interattivi e rafforzare la propria identità online”.
AFP: è il tempo delle scelte e delle redazioni sempre più multimediali
“Ogni media è un multimedia”. Esordisce così Christophe Schmidt, deputy global news director di AFP. "I testi oggi rappresentano solo una minima parte del lavoro di un giornalista. Bisogna dare risalto alle foto, alle infografiche, alle data visualization, ai video”. Le competenze diventano trasversali e se prima i capo-redattori erano figure chiave all’interno di una redazione oggi sono sempre più affiancati da esperti che si occupano di altri formati e altre modalità di espressione. “Gli stessi giornalisti di AFP si sono resi conto di questo cambiamento e di doverlo assecondare. Se scrivono un articolo senza pensare alle foto che andranno a completarlo sanno già che non verranno letti”.
È il contenuto visuale a portare avanti l’informazione. “Non è un caso se all’interno del Washington Post oggi lavorano 100 persone solo nel settore video”. Ma fare foto e video costa. “C’è bisogno di fare delle scelte. Tutti i nostri redattori hanno ricevuto smartphone aziendali con diverse app installate. Bisogna essere sempre pronti e ben addestrati per cogliere la realtà in questo modo”. Con un distinguo: non tutti quelli che hanno un cellulare possono considerarsi reporter. Il giornalista deve riconoscere quando una foto è rilevante e decisiva per raccontare, in modo esaustivo, un fatto. “In una parola: certificarla”. E al tempo delle fake news non è un compito così semplice.
Il future casting: immaginare scenari improbabili per essere pronti
L’intervento di Francesco Marconi, direttore R&D al Wall Street Journal, si apre con un appello: “C’è la necessità che le redazioni introducano un metodo scientifico. Il giornalista deve poter sviluppare ipotesi, fare esperimenti, imparare da questo approccio. E deve abituarsi a fallire per crescere e diventare sempre più affidabile”. E in un momento storico in cui le tecnologie stanno cambiando il modo di fare informazione è importante arrivare preparati ai possibili cambiamenti che l’intelligenza artificiale e il machine learning introdurranno. In che modo? Attraverso il futurecasting: ovvero l’elaborazione di scenari ipotetici futuri immaginati attraverso l’estrapolazione di dati e tendenze.
Scenari, apparentemente strani, che vengono dati per assodati per procedere, a ritroso, allo sviluppo di possibili soluzioni. Un esempio è quello che riguarda il business model dei gruppi editoriali. Cosa succederebbe se, di punto in bianco, sparisse la pubblicità? Sviluppare piani alternativi è un problema che le agenzie e i giornali devono iniziare a porsi. Con un approccio multimediale e la nascita e la vendita di servizi che accompagnino la diffusione delle notizie. Come Agi mobile.