Con più di 17 mila firme, una petizione contro la diffusione del lupo sta tentando la scalata fino ai tavoli di Bruxelles. L’iniziativa è stata lanciata dall'assessore altoatesino per l'agricoltura Arnold Schuler, che chiede alle autorità nazionali ed europee di concedere maggiori poteri alla Provincia di Bolzano per la gestione dell’animale e per l’alleggerimento della sua presenza nella zona. A scatenare le ire di alcuni abitanti dell’Alto Adige, e l’intervento delle istituzioni, è stato un episodio che risale all’agosto del 2017, quando un branco di lupi ha predato un gregge di pecore, uccidendone quaranta. Ma in tutto il Paese gli allevatori chiedono che vengano riviste le norme comunitarie, bloccate nello stallo politico della penisola, che ancora non conosce il nome del nuovo Ministro dell’ambiente.
I dati, le presenze
Negli ultimi anni la presenza di lupi in Italia è andata costantemente aumentando, anche grazie a una serie di iniziative di salvaguardia della specie, che negli anni Settanta era praticamente estinta su tutto il territorio nazionale. L’abbandono delle coltivazioni in ambiente montano (che ha interessato oltre due milioni di ettari di superficie agricola in venti anni), la diminuzione delle attività di caccia e l’aumento delle aree protette hanno dunque favorito significativamente il ritorno di molte specie come i cinghiali, i cervi e i lupi.
Dal 1990 a oggi la superficie forestale è cresciuta costantemente, fino a coprire il 34,7% del territorio nazionale (corrispondente a ben 10.467.533 ettari). E ha creato un habitat particolarmente favorevole alla presenza di animali selvatici. “Il velocissimo incremento della popolazione di lupi in Italia e nella vicina Svizzera genera sempre più conflitti con gli animali d’allevamento, ma anche con l’uomo”, si legge nella petizione. Nel centro Italia, in Toscana, il Comitato nazionale pastori chiede che almeno la Regione intervenga per alleggerire il numero dei capi, “e provveda all’abbattimento degli ibridi tra cane e lupo, che si avvicinano più facilmente alle greggi”, come ha spiegato ad Agi la Presidente del comitato, Mirella Pastorelli.
Secondo l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che monitora anche la presenza della fauna in tutto il Paese, i lupi sono animali elusivi, che non comportano rischi per l’uomo, e hanno un ruolo di regolazione delle popolazioni di prede come i cinghiali.
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Ma quanti lupi ci sono in Italia? Secondo le stime, dalle poche centinaia di esemplari presenti sul territorio trent’anni fa, oggi si contano circa duemila individui sugli Appennini e 190 nel Nord Italia (di cui 150 solamente in Piemonte). In Toscana invece sono circa 530, il 35% di quelli presenti in Italia. “Quando ci si è resi conto che il lupo andava incontro all’estinzione sono stati istituiti dei regimi di tutela, che ne hanno consentito la ricolonizzazione nel nostro Paese”, ha spiegato ad Agi Piero Genovesi, Responsabile Area pareri tecnici e strategie di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale e mitigazione danni e impatti dell’Ispra. Così negli anni ‘90 il lupo ha addirittura superato il confine e iniziato a diffondersi sul lato francese, che all’inizio ha reagito con vivaci proteste. “La prima reazione è spesso il rifiuto, soprattutto nelle aree dove questo animale è assente da decenni, e la popolazione si è disabituata alla sua presenza”, spiega Genovesi.
Gli episodi predatori nel grossetano
L’impatto del predatore durante la caccia può essere forte soprattutto per gli allevamenti. Le popolazioni di lupi nelle Alpi centrali in particolare cacciano prevalentemente animali di grossa taglia come asini o manzi. Con un maggiore impatto sull’economia degli allevatori. Ma secondo Genovesi, “i danni causati vengono comunque tutti compensati. Quello che si deve fare è assicurarsi che le compensazioni siano più veloci e che si assista gli allevatori nel fare prevenzione”. Il che comporterebbe la costruzione di recinzioni dove gli animali da pascolo possono passare la notte e l’impiego di cani da guardia, che scoraggiano altri animali dall’avvicinarsi. In questo obietta la Pastorelli, che raccoglie le lamentele del Comitato pastori: “Per noi prevenzione e indennità sono palliativi, perché non compensano anche danni indiretti come gli aborti spontanei o il latte di scarsa qualità, conseguenza della paura tra gli animali”.
Nella Provincia di Grosseto, nel 2017, si sono registrati 318 episodi predatori, con 816 capi abbattuti e 157 aziende colpite, secondo i dati forniti dal Comitato, e ritenuti verosimili da Genovesi. I lupi, spiega la Pastorelli, possono saltare le recinzioni. E le pecore hanno bisogno di muoversi per poter brucare erbe più buone. “Non possono mangiare tutta la notte dentro un recinto, e non sempre il cane da guardiania è una soluzione”.
Il fenomeno può essere esasperante, soprattutto per chi ha attività in zone di montagna, e richiede misure efficaci di protezione. Tuttavia a causare molti più problemi nelle coltivazioni sono i cinghiali, a cui è attribuita la gran parte degli indennizzi erogati a livello nazionale. “Il lupo è un elemento naturale degli ecosistemi e ha un ruolo di regolazione delle popolazioni di prede - spiega Genovesi -, e può contribuire a limitare la presenza di cinghiali, anche se nell’Appennino rileviamo un’alta densità di entrambi”. Il Comitato pastori chiede che sia consentito almeno l’abbattimento degli ibridi: “Conosciamo il dna del lupo appenninico, potremmo agire solo su quelli mischiati, che sono meno timidi e si avvicinano di più alle case. Ma è lo Stato che deve fare le leggi adeguate”.
Secondo Ispra questa soluzione sarebbe impraticabile: “Dovremmo catturarli, fare le analisi del Dna e poi procedere al contenimento”, replica Genovesi. “Il tutto rispettando le norme sul giusto trattamento degli animali, che non possono essere semplicemente tenuti in un canile: una soluzione tanto costosa quanto logisticamente impraticabile”.
Pericoli per l'uomo?
Ma di rischi per i cittadini neanche l’ombra. Lo scorso dicembre a Canazei, in Trentino, un lupo è stato visto aggirarsi non lontano da una scuola. È possibile che si fosse spinto così vicino al centro abitato perché a caccia di un muflone. Le guardie forestali hanno aspettato che si allontanasse da solo, eventualmente autorizzate a utilizzare dei proiettili di gomma per mandarlo via. Ma l’ultima aggressione di un lupo a un essere umano risale a due secoli fa, e da allora non ci sono mai state altre segnalazioni. Il lupo è un animale che evita i contatti con gli umani, anche se può avvicinarsi ai centri abitati, come avviene anche in grandi città come Bologna, Firenze e Roma.
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Il Ministero dell’ambiente ha cercato una soluzione tramite la revisione del Piano lupo - la versione attuale risale al 2002 - che dal 5 dicembre è fermo alla Conferenza Stato-Regioni. A causare lo stop del documento è la norma voluta soprattutto da Veneto, Alto Adige e Toscana, che consentirebbe l’abbattimento dei lupi, ma che è osteggiata dalle altre regioni. Alcune delle quali che non hanno direttamente un problema con la presenza di canidi sul loro territorio. “Abbiamo mandato una lettera al Ministro Galletti - spiega la Pastorelli - ma questa è finita nella Commissione ambiente e da lì non si è più saputo nulla. Ci hanno spiegato che dobbiamo aspettare l’insediamento del nuovo Ministro all’ambiente, ma vorremmo che almeno a livello regionale si potesse iniziare con gli abbattimenti degli ibridi”. Pastorelli continua: “Abbiamo bisogno di produrre, e di farlo con qualità. I nostri giovani fanno l’università, e vorrebbero tornare alle campagne per mettere a frutto la loro formazione. Ma il mestiere è sempre più difficile in queste condizioni e abbiamo bisogno che lo Stato trovi la soluzione per aiutarci a rimanere sul mercato e per poter lavorare”.