Nella notte tra lunedì e martedì un uomo è morto per il freddo a Milano. Era un clochard, e faceva parte di un gruppo di persone senza fissa dimora che abitualmente si trova nelle parti della stazione centrale, in via Vittorio Pisani.
È il primo morto causato dall’ondata di freddo siberiano che sta colpendo l’Italia. Ma come si può evitare che i clochard perdano la vita per il freddo? “Da quando abbiamo cominciato la nostra attività di prevenzione ad oggi la situazione è molto cambiata”, spiega ad Agi Mario Furlan, 53 anni, che nel 1994 a Milano ha fondato City Angels, una rete di volontari che ad oggi conta 500 persone attive in 20 città Italiane. “Milano è la città più preparata alla gestione delle emergenze del freddo: oramai è raro che qualcuno muoia in strada per le basse temperature, ma può succedere. È per questo che propongo che per i soggetti più a rischio ci sia un trattamento sanitario obbligatorio dove si obblighi, anche con la forza, di portare i senza tetto ad entrare nelle strutture di accoglienza messe a disposizione dalle istituzioni”.
L’urgenza del Tso, spiega Furlan, è dovuta al fatto che alcuni senza tetto rifiutano di entrare nei centri di accoglienza: “A volte perché ubriachi o sotto effetto di stupefacenti, altre perché non vogliono unirsi agli altri nei centri per vecchie ruggini con alcuni, altre ancora perché non vogliono seguire le regole e gli orari dei centri. O più semplicemente voglia di stare soli. La misura più umanitaria comunque è portarli lì, in qualche modo”. A Milano ci sono circa tremila senza tetto. Il doppio a Roma, che è la città dove ne vivono di più in Italia. Ma se a Milano oramai c’è posto per tutti, a Roma, spiega Furlan, la situazione è molto diversa: “Gli inverni sono meno rigidi, ma soprattutto le amministrazioni comunali finora nono si sono occupate molto del tema quindi si paga un ritardo accumulato negli ultimi anni”.
Furlan, che prima di dedicarsi al volontariato e a City Angels lavorava come giornalista, spiega per che la situazione di oggi per quanto riguarda i senza tetto è molto migliorata: “24 anni fa rispetto ad ora era la preistoria, non c’era molta sensibilità sul tema. E i senza tetto erano circa la metà di quelli che sono in giro oggi”.
Le organizzazioni come la sua vivono grazie ai sussidi delle istituzioni: 10 euro al giorno, questo è lo standard previsto: “Ma è difficile offrire il massimo delle cure e del sostegno possibile con quella cifra. Servono i soldi per tre pasti e per le cure mediche essenziali, ma è davvero difficile riuscirci”. Quella dei senza tetto vicino la stazione di Milano, la zona dove è morto il clochard l’altra notte, gli è nota: “Lì c’è sempre una colonia di persone, e si rifiutano di andare nei centri di accoglienza da sempre. Andiamo noi da loro per portargli da mangiare. Loro preferiscono stare in strada, non c’è modo di convincerli”, conclude Furlan.