Il 'caso Bellomo' non smette di riservare sorprese. Dopo la notizia, diffusa dal Corriere, che l’ultima prova del concorso per magistrati riprendeva una sentenza scritta dal consigliere espulso all’unanimità dalla magistratura perché vincolava le borsiste al dress code con minigonne e all’omertà, viene fuori che la VI sezione del Csm aveva aperto una 'caccia' agli allievi di Francesco Bellomo. Salvo poi ripensarci.
Ma andiamo per ordine.
I fatti
Il 15 gennaio la VI Commissione del Consiglio superiore della magistratura (quella che si occupa del lavoro dei magistrati impegnati nella lotta alla corruzione, alla mafia e al terrorismo, per intenderci) si riunisce e delibera di vederci chiaro sui concorsi in magistratura tenuti dal 2007 in poi. Dieci giorni dopo la riunione, il 25 gennaio, viene consegnata ai presidenti delle Corti d'Appello la richiesta di "interpellare i magistrati circa le modalità con cui si sono preparati al concorso in magistratura".
E, per rendere le cose più semplici, allega un questionario in cui l'ultima voce, per quanto sibillina, è in realtà piuttosto esplicita: "Era prevista la sottoscrizione di contratti aventi ad oggetto modalità esulanti da corrispettivi?". Tradotto dal burocratese suona più o meno così: "oltre a pagare la quota avete dovuto sottoscrivere qualche altro tipo di impegno?". Anche se non è mai citato in modo esplicito, il riferimento ai corsi di 'Diritto e Scienza', la società per la quale Bellomo organizzava e continua a organizzare i corsi di formazione, è piuttosto chiaro.
Nel contratto che bisognava sottoscrivere per frequentare la scuola di Bellomo, alla voce 'doveri' si legge che il borsista è vincolato alla "fedeltà nei confronti di Diritto e scienza srl", "alla segretezza nei confronti di Diritto e scienza srl" che "copre qualsiasi informazione appresa nello svolgimento dei propri compiti. Il contenuto delle comunicazioni intercorse con il Direttore scientifico è riservato anche nei confronti degli altri borsisti e dei collaboratori" scrive Famiglia Cristiana. "Il borsista è tenuto a svolgere le attività di comunicazione. Le attività devono essere improntate alla promozione del marchio della società, nonché alla diffusione dei suoi ideali e del suo metodo".
Le risposte, chiede il Csm, vanno consegnate entro il 12 febbraio. Piuttosto in fretta, quindi. Ed è a questo punto che si scatena l'inferno.
Tra le varie correnti della magistratura si innescano polemiche a non finire sull'opportunità di chiedere alle toghe di compilare un questionario in forma non anonima. E in un attimo il Csm fa un passo indietro e chiede con una nuova nota di "soprassedere fino a nuova determinazione". Anche la Sesta commissione si spacca: i togati di Unicost Maria Rosaria San Giorgio e Francesco Cananzi e il togato di Area Antonello Ardituro, fanno sapere che la richiesta di un questionario era stata avanzata dal togato di Autonomia e Indipendenza Aldo Morgigni, ma mai votata in Commissione.
In una nota, il coordinamento di Area esprime "forte preoccupazione", poiché "la richiesta ai magistrati di informazioni personali e private, seppur finalizzate all'istruzione di un'iniziativa volta a far luce sulle modalità di preparazione del concorso in magistratura e sul variegato, e talvolta opaco, mondo delle scuole private per la preparazione al concorso, non può mai avvenire attraverso questionari nominativi e per via gerarchica, ma solo in forma anonima e su base volontaria".
Anche Magistratura Indipendente, unica non rappresentata in Sesta commissione, esprime la propria "contrarietà ad iniziative di questo tipo", chiede un "immediato chiarimento" e sollecita l'Anm a "una immediata interlocuzione con il Csm per capire la genesi, la ratio e la finalità dell'iniziativa nonché per comprendere come mai sia stata posta in essere una iniziativa non deliberata nella competente sede di commissione, cosi' come riferito da alcuni componenti togati di tale organismo".
Insomma la domanda alla quale tutti vogliono risposta è: perché il Csm vuole 'stanare' allievi e allieve di Bellomo?