(articolo aggiornato l'ultima volta alle ore 15.16 del 5 febbraio 2018)*
Lontano dal clamore delle operazioni giudiziarie, Castelvetrano, la città di origine dell'ultimo grande latitante della mafia, Matteo Messina Denaro, si è trasformata in una zona franca: nell'ultimo quinquennio non c'è tassa comunale che non sia stata evasa in massa.
Aziende, commercianti e cittadini hanno causato un'emorragia fiscale senza paragoni, ora individuata dai commissari straordinari spediti a Castelvetrano, in provincia di Trapani, dal ministero dell'Interno dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose.
Il segno meno è una costante. Ci sono i tributi non pagati ma c'è anche la mancata riscossione, fino alle concessioni edilizie e alle convenzioni a canoni risibili di cui hanno giovato anche i favoreggiatori di Messina Denaro. "Nell'ultimo quinquennio il Comune - dice Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune - ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano. La lotta all'evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all'1,50%. Questo significa che l'evasione era legalizzata".
Una voragine fiscale
Il buco fiscale è di 42 milioni di euro (35,5 milioni di entrate tributarie; 7,3 milioni di extra tributarie) e si riferisce alle imposte comunali su rifiuti, immobili, servizio idrico e imposte pubblicitarie non versate dal 2012 al 2017, durante l'amministrazione guidata dal sindaco Felice Errante. Cifre mai riscosse. "Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro - continua Caccamo - perché il destinatario era sconosciuto o incerto oppure perché la postalizzazione non raggiungeva gli obbiettivi che doveva raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria, sempre per gli stessi motivi".
A dicembre 2017 stavano per scadere 1.400 cartelle esattoriali, ma stavolta la Commissione le ha nuovamente notificate interrompendo così la prescrizione. I creditori più corposi sono tre aziende:
- Saiseb, che ha costruito l'impianto di depurazione (deve ricevere 1,7 milioni),
- Gemmo, che ha realizzato la rete dell'illuminazione pubblica (1,8 milioni)
- Trapani Servizi, ente gestore della discarica (700.000 euro).
Con tutti e tre è stato stipulato un piano di rientro. Per il recupero dei 42 milioni è stato definito un piano di rateizzazione (che prima non esisteva) per cui sono già arrivate istanze di pagamento per 1,5 milioni di euro. "E' un segnale che adesso è ora di riscuotere", dice Caccamo che è coadiuvato nella commissari Elisa Borbone e Maria Concetta Musca. A pensarci sarà una società esterna, di Lucca.
Non solo evasione
Ma ci sono anche i meccanismi di elusione con escamotage fiscali: dal cambio dell'assetto societario al trasferimento di gestione ad altri soci, passando per la cessione di rami d'azienda o i contratti di comodato gratuito attraverso i quali veniva trasferita la conduzione dell'attività ad altri familiari.
Per tenere in piedi i conti, come emerge dal bilancio consuntivo del 2016, il Comune nel quinquennio ha ricevuto 32 milioni dallo Stato, che ora dovranno ritornare indietro: 3,5 milioni come anticipazioni di tesoreria; 8,7 milioni dalla Cassa depositi e prestiti; 12,7 milioni di debiti per mutui; 17,2 milioni per altre spese correnti.
Per fermare l'emorragia adesso i Commissari hanno ottenuto un'anticipazione di 6,3 milioni riservati ai Comuni sciolti per mafia e utili per gli stipendi e iniziare a pagare una parte dei debiti pregressi. Nel 2017 invece le tasse da riscuotere equivalgono a 12 milioni di euro: 1,3 di entrate tributarie; 1,2 di addizionale Irpef; 6,7 di Tari e igiene ambientale; 1,6 i Tarsu; 115.000 euro di Tosap; 100.000 di pubblicità; 25.000 di affissioni pubbliche.
I commissari sono arrivati a Palazzo Pignatelli, sede del Comune, dopo il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, arrestato con l'accusa di aver favorito la mafia in base a intercettazioni di elogio e di aneddoti sul capomafia latitante, e poi assolto. E dopo un anno di gestione commissariale del solo consiglio comunale, affidato all'ex capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo.
Bizzarrie
Controllando le concessioni e le convenzioni, i commissari si sono imbattuti in vari casi singolari. In uno di questi il Comune paga una locazione alle Ferrovie dello Stato per un bene, che poi viene concesso a un soggetto privato a costo zero. "Episodi come questo - continua Caccamo - creano un doppio danno erariale concreto". Negli anni '90 un collaboratore di giustizia Francesco Geraci, riferì che, riguardo all'acquisto di un terreno, "sentii Messina Denaro parlare con Sansone (imprenditore vicino a Riina, ndr) del fatto che avrebbero edificato su di esso un palazzo acquistato per creare Castelvetrano 2", iniziativa ispirata al modello di 'Milano 2'. Adesso verificando le concessioni edilizie rilasciate negli anni e incrociando i dati dei beneficiari si arriva ai favoreggiatori del boss.
"Molto spesso i permessi per costruire sono stati concessi come favore nei confronti di soggetti vicini alla criminalità. La periferia di Castelvetrano - sottolinea Caccamo - ha avuto un'espansione urbanistica impressionante. Molte lottizzazioni sono camuffate. Abbiamo riscontrato delle lottizzazioni abusive e stiamo provvedendo alla revoca di alcune concessioni, alcune perché scadute da tempo, altre perché non sono mai state rispettate". Una di queste è quella del 'Triscina Mare', un hotel residence turistico di Michel Giacalone, 70enne presunto favoreggiatore di Messina Denaro, e padre di Angela Giacalone, assessore al Turismo durante l'ultima consiliatura.
La concessione era stata rilasciata in un'area di assoluta inedificabilità e imponeva la demolizione di 3 villette realizzate, mai eseguita. Giacalone - originario di Tunisi - nel 1996 venne arrestato e poi condannato per mafia, anche per aver ospitato i fratelli Giuseppe e Benedetto Graviano nelle camere del 'Triscina Mare' (in appello è stato assolto). Oggi la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e le Squadre mobili di Palermo e Trapani indagano su di lui per "procurata inosservanza di pena" e continuano a ritenerlo vicino alla famiglia mafiosa di Castelvetrano tanto che lo scorso dicembre, nell'ambito di una serie di perquisizioni per stanare il latitante, sono andati a cercarlo anche nel suo residence. Al quale adesso è stata revocata la concessione.
La precisazione dei legali di Giacalone*
"Ad oggi non ci risulta che la concessione del Triscinamare sia stata revocata". A dirlo sono i legali di Michele Giacalone, Angela Giacalone e Frederic Giacalone, titolari della struttura turistico/alberghiera che si trova a Castelvetrano, nel Trapanese, fornendo la loro versione in merito alle notizie pubblicate da AGI. "La struttura alberghiera è stata realizzata nell'ambito del progetto Prusst e nel rispetto della normativa vigente - si legge in una nota - e non risponde al vero che sia sorta in un'area di assoluta inedificabilità. In ordine alla demolizione delle villette citate nell'articolo, pende tutt'oggi ricorso innanzi al Tar di Palermo al fine di verificarne la regolarizzabilità essendo stata presentata una legittima istanza di sanatoria. All'esito di tale procedimento, le villette, ove ritenute non regolarizzabili ed in mancanza di ulteriori interventi legislativi, verranno demolite dalla proprietà poiché, solo in quel momento, si sarà verificata la condizione prevista nella concessione rilasciata dagli enti competenti". I legali sottolineano poi che "inoltre non corrisponde a verità il fatto che i fratelli Graviano siano stati ospitati nelle camere della struttura Triscina Mare, così come non e vero che la struttura turistica alberghiera è stata oggetto di perquisizione nelle recenti operazioni di polizia. Il sig. Giacalone Michele è stato assolto con ampia formula liberatoria, già nel 1999, da ogni accusa di favoreggiamento con sentenza della Corte di Appello di Palermo".