Gomorra di nuovo nel mirino dei magistrati. Domenica scorsa era stato Federico Cafiero De Raho, capo della procura nazionale antimafia, intervistato domenica pomeriggio da Lucia Annunziata ne l corso del programma 1/2 h in più su Raitre a criticare la serie Tv. Lunedì Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto antimafia e capo della Dda di Napoli e Catanzaro, ha partecipato ad un incontro con gli studenti di Bologna. Con lui altri importanti magistrati, tra cui il il procuratore capo di Milano, ed ex specialista in reati finanziari del pool di Mani pulite, Francesco Greco.
Durante l’incontro con i ragazzi la discussione è andata su Gomorra, la popolare serie tv di Sky, giunta quest’anno alla sua terza edizione, serie tv che anche nelle passate stagioni ha acceso il dibattito sulla rappresentazione che dà della malavita organizzata. Troppo spettacolare e folkloristica, ma anche patinata e persino glamour. I boss appaiono sotto una luce a tratti affascinante, che può esercitare sulle nuove generazioni attrazione. L'argomento dell’incontro a Bologna era: "Come le mafie persuadono i giovani”. Ecco cosa hanno detto esattamente i magistrati, tratte da un articolo del Corriere della Sera (leggi qui la versione integrale) e del Giornale.
Le parole di Borrelli
“La serie televisiva offre una rappresentazione folkloristica dei clan, una rappresentazione pericolosa perché distoglie l’attenzione dall’attuale configurazione della camorra”“Forse sarebbe meglio parlare di rappresentazione parziale. Volevo dire che la fiction televisiva non coglie alcun aspetto della camorra di oggi”.“Da un punto di vista formale siamo in presenza di un prodotto di ottimo livello. Il fatto è che la vera criminalità organizzata presenta caratteristiche molto sgradite per chi se ne occupa professionalmente. Oggi la camorra ha superato lo stato di contiguità con i ceti professionali, l’imprenditoria, una parte della politica”.“I clan esprimono una propria classe dirigente di professionisti, imprenditori e politici. E questo rappresenta motivo di preoccupazione. La camorra raccontata in Gomorra è un’entità paradossalmente tranquillizzante, perché consente di differenziarsi”.
Il magistrato confida di aver seguito in tv solo 2 puntate della terza Serie. Ma anche di aver visto l’omonimo film del 2008, ispirato al romanzo di Roberto Saviano e diretto da Matteo Garrone.
“Era un’altra cosa - osserva Borrelli - Riusciva a descrivere la bestialità di alcuni comportamenti, degli istinti più bassi dei protagonisti. Ma anche il film raffigura una realtà di tanti anni fa”.
Le parole di Cafiero De Raho
“Credo che evidenziare i rapporti umani come se la camorra fosse un’associazione come tante altre non corrisponda a quello che realmente è, la camorra è fatta soprattutto di violenza”.
Sempre lunedì, un altro magistrato impegnato in prima linea contro le cosche e la ‘Ndrangheta in particolare, Nicola Gratteri, procuratore capo a Catanzaro, rispondendo a una domanda aveva espresso il suo pensiero.
Le parole di Gratteri
“Chi produce, chi scrive si deve preoccupare di quello che è l’effetto sulla collettività. Non voglio assolutamente polemizzare con nessuno e non parlo mai di cose specifiche. Dico che la cinematografia e la televisione fanno arte e non mi metto a disquisire su questo. Il senso dei film, dei docufilm e dei libri è quello di educare. Se davanti alle scuole vediamo dei ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo. Bisogna riportare parte di ciò che accade nelle mafie, però dobbiamo all’interno dello stesso film o libro inserire qualcosa di alternativo, un messaggio che questi non sono invincibili e forti”.