Gli studenti italiani non hanno dubbi, l'Alternanza scuola-lavoro non sta funzionando. "Siamo studenti, non i tuoi schiavi", hanno cantato nelle varie manifestazioni del 13 ottobre in 70 piazze italiane. Parole persuaso, più volte scandite dai cori dei ragazzi delle scuole superiori. Gli studenti parlano di "progetti che raramente hanno utilità e attinenza rispetto al percorso di studi". C'è chi dice di sentirsi sfruttato, "è più che altro un lavoro a costo zero".
"Il Governo favorisce i multinazionali"
Saranno un centinaio di studenti che un Roma sono arrivati davanti al Miur per parlare con il ministro Valeria Fedeli. Uno di Loro Durante l'attesa ci racconta il Motivo che lo ha spinto un MANIFESTARE:. "Oggi siamo in piazza per Combattere il modello di scuola Creato dal governo Renzi, dal Partito Democratico e dall'Unione Europea Si Tratta di un modello di scuola subordinato alle grandi imprese invece di essere fatto per gli studenti.Miur per parlare con la ministra Valeria Fedeli. Uno di loro durante l’attesa ci racconta il motivo che lo ha spinto a manifestare: "Oggi siamo in piazza per combattere il modello di scuola creato dal governo Renzi, dal Partito Democratico e dall'Unione Europea. Ne è dimostrare il progetto di Alternanza scuola lavoro per cui il governo sigla accordi con i multinazionali. Siamo contrari a tutto questo e vogliamo, come studenti, avere decisioni di potere sulla mansione che andremo svolgere ". "Inoltre - continua lo studente - la scuola vive un grande disagio, l'istruzione è sempre più di classe e temo che troppo possono andare avanti solo coloro che si trovano in benessere familiare. I costi sono troppo alti, quelli dei libri ma anche i tasse universitarie. Sono qui per dare voce all'altra parte del mondo della scuola: agli esclusi, a coloro che frequentano gli istituti tecnici professionali e ai ragazzi di periferia ".
"Non sono merce nelle mani delle aziende"
Ma gli studenti, che una bella mattinata e al termine del corteo romano, sono stati ricevuti al Miur, sono non soddisfatti: "Non siamo merce - si legge sul Corriere - nelle mani delle aziende. E le nuove regole che stanno per essere introdotte non vanno in giusta direzione. Non definiscono la gratuità dei percorsi di alternanza. Non introducono limiti temporaliMiur, non sono soddisfatti: “Non siamo merce - si legge sul gratuità dei percorsi di alternanza. Non introducono limiti temporali, quindi sarà ancora possibile sfruttare gli studenti durante le vacanze estive, quando ci sono meno controlli. Non sono fissati criteri su chi può fare il tutor, quali competenze deve avere. E non c'è alcuna selezione dei soggetti attivanti ". Alzano la voce, gli studenti, per chiedere che l'alternanza sia una "metodologia didattica che lega il sapere al sapere fare, l'intelligenza teorica all'intelligenza pratica, che fa davvero da ponte tra ciò che studiamo una scuola e ciò che andremo un praticare nei luoghi di lavoro ".tutor, quali competenze debba avere. E non c’è alcuna selezione dei soggetti attivanti”. Alzano la voce, gli studenti, per chiedere che l’alternanza sia una “metodologia didattica che lega il sapere al saper fare, l’intelligenza teorica all’intelligenza pratica, che fa davvero da ponte tra ciò che studiamo a scuola e ciò che andremo a praticare nei luoghi di lavoro”.
" Chiediamo al Ministero dell'Istruzione che fine abbia fatto lo statuto delle studentesse e degli studenti in Alternanza scuola lavoro e il codice etico per le aziende ", dice a Repubblica Francesca Picci, coordinatrice nazionale dell'Unione degli studenti. "Viviamo sulla nostra pelle i disagi di questo modello di Alternanza. Siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende".Picci, coordinatrice nazionale dell'Unione degli studenti. "Viviamo sulla nostra pelle i disagi di questo modello di Alternanza. Siamo studenti, non merce nelle mani delle aziende”.
"Basta scuole insicure e schiavismo"
"Noi del Virgilio stiamo promuovendo uno screening in tutti gli istituti romani che sono in condizioni pessime ma non si sa mai chi è la colpa - sottolinea al Corriere Diego Iacente, rappresentante del liceo classico - Vogliamo studiare senza il rischio che ci crolli il tetto sulle teste ". Aggiunge la Rete degli Studenti: "Siamo in piazza perché stanchi di una politica che non ci ascolta e per riscrivere i paradigmi di una scuola diversa più equa e giusta".Iacente, rappresentante del liceo classico - Vogliamo studiare senza il rischio che ci crolli il tetto sulle teste”. Aggiunge la Rete degli Studenti: “Siamo in piazza perché stanchi di una politica che non ci ascolta e per riscrivere i paradigmi di una scuola diversa più equa e giusta”.
"Ma ragazzi, che state dicendo?"
Naturalmente non tutti gli studenti sono contrari a questo modello di collegamento tra il mondo del lavoro e la scuola , anche se per fare notizia sono sempre quelli che scendono in piazza. E la loro parola è stato idealmente il sito La Repubblica degli stagististagisti. Ha scritto la direttrice Eleonora Voltolina: "Ma ragazzi, che state dicendo? Dite che non è giusto che faccia esperienze di lavoro, che alla tua età dovreste solo studiare sui libri. Da anni però è ormai assodato che uno dei motivi per cui in Italia la disoccupazione giovanile è così alta è che non c'è una buona dialogo e coordinamento tra il sistema scolastico e il mondo del lavoro. Ci sono dati statistici incontrovertibili che dimostrano che in tutti gli Paesi dove l'alternanza scuola-lavoro è realizzata, come la Svizzera Austria e Germania, il tasso di disoccupazione giovanile è bassissimo. Noi abbiamo quasi il 40%, uno dei più alti tassi d'Europa. Vogliamo farci qualcosa o ce lo teniamo così? Dite che non volete svolgere mansioni semplici, umili, di fatica come servire hamburger. Eppure vi è un enorme valore formativo, di 17 anni, un imparare come sta sta in un negozio. Vieni a servire un cliente. Vieni ci si rapporta con il proprio superiore, come si arriva puntuale e in ordine, come si trova in posto di lavoro. Sì, anche per chi fa il liceo, anche per chi pensa che il cameriere non lo farà mai in vita (e poi chi lo sa?), Un'esperienza di qualche settimana a fare un mestiere non di concetto è più utile. È prezioso"
Ancora Voltolina che nel suo editoriale si rivolge ai manifestanti: "Diciamo che 200 ore sono tante Ma 200 ore sono 25 giorni 25 giorni da diluire nell'arco di 3 anni E quanti ce vogliono prima che ciascuno di voi, che nella maggior parte dei casi non ha mai messo giustamente piede prima in un luogo di lavoro, anche solo capisca dove è e come si deve muovere? Pensate davvero che una azienda può usarli per sostituire i suoi dipendenti? No I 17 anni in alternanza scuola-lavoro non sono appetibili a questi fini, altri lo sono, e io mi batto ogni giorno da molti anni per fermare l'exploitation, ma proprio perché mi batte contro l'exploitation, so recognize the exploitation. alternanza in un ristorante o un 'officina meccanica o un ufficio comune non è sfruttamento ".Voltolina che usarvi per sostituire i suoi dipendenti? No. I 17enni in alternanza scuola-lavoro non sono appetibili a questi fini. Altri lo sono, e io mi batto tutti i giorni da molti anni per fermare lo sfruttamento. Ma proprio perché mi batto contro lo sfruttamento, so riconoscere lo sfruttamento. E no, fare 3 settimane in alternanza in un ristorante o un'officina meccanica o un ufficio comunale non è sfruttamento".
Un primo bilancio del progetto
Ma come sta andando il progetto? Il sito Skuola.net ha realizzato un primo bilancio sull’alternanza. Intervistando circa 4.500 studenti di terzo e quarto anno – alla fine dell’anno scolastico 2016/2017 – è stato così possibile fotografare la situazione nell’anno in cui l’alternanza è entrata davvero a pieno regime (leggi qui l'articolo integrale di Tuttoscuola). All’inizio della scorsa estate, il 95% dei ragazzi aveva svolto o avrebbe svolto a breve un periodo di alternanza. L’anno precedente nello stesso periodo, il tasso di adesione era dell’85%. I percorsi di alternanza, poi, sono sempre più integrati nel calendario scolastico. Quasi 7 ragazzi su 10 ad inizio maggio avevano già svolto le attività previste: la metà si è trattenuto in azienda per 10 giorni o più, con picchi nel caso degli istituti professionali. Ma, per gli altri, difficilmente si scende sotto la settimana di permanenza.
Ancora troppi, però - leggiamo su Tuttoscuola - quelli che l’alternanza sono costretti a farla a scuola e non in un’azienda: il 27%, ovvero più di 1 su 4. L’alternativa? Sono dei surrogati: progetti di gruppo da realizzare in classe (35% di chi non va in alternanza), simulazioni di gruppi di lavoro (14%), conferenze (16%), incontri con esperti (13%). Un dato comunque in decisa diminuzione rispetto allo scorso anno, quando sfondava di poco quota 50%. Tuttavia, uscire dalla propria classe non sempre è sinonimo di esperienza formativa. Al 14% di quelli che sono andati in azienda, ad esempio, è stato chiesto di svolgere compiti di contorno (fare le fotocopie, portare i caffè, fare le pulizie) e il 12% ha raccontato di non aver fatto nulla. Situazioni a cui, però, fa da contraltare il 33% che ha svolto mansioni pratiche insieme al team aziendale. A una quota simile, invece, le cose vengono solo spiegate (per fortuna anche dal punto di vista pratico); mentre per un altro 10% ci si ferma alla pura teoria.