L'ultima trovata di un gruppo di idioti che non sa come passare il tempo a Torino è quella di sparare aghi, forse con una pistola a aria compressa, sulle persone che camminano sui marciapiedi. Perché? Forse per lo stesso motivo per cui a Tortona, 21 anni fa, dei ragazzi lanciarono sassi dal cavalcavia della Cavallosa. Allora morì una donna, oggi c'è solo tanta paura ma per fortuna nessuna conseguenza grave per le vittime.
La cronaca
Ricostruiamo la storia con l'aiuto de La Stampa. Lunedì 25 settembre verso le 20,30 nella zona di piazza Rivoli, tra i quartieri San Paolo e San Donato, un'auto rallenta quando incontra die pedoni, si avvicina ai marciapiedi e dai finestrini abbassati partono gli aghi lunghi una decina di centimetri sparati come proiettili contro le persone. Un colpo, forse due, e poi via di corsa.
Le ipotesi
In ballo ci sono almeno tre ipotesi sull'arma usata per sparare gli aghi.
- Una pistola ad aria compressa, in grado di scagliare lontano gli aghi e con la forza sufficiente per conficcarsi nella carne, bucando i vestiti.
- Una piccola balestra, e che i proiettili siano «aghi da caccia» utilizzati contro i piccoli animali.
- Una cerbottana come quelle che si trovano in vendita libera - anche sul web - dotate di mirino, anch’esse utilizzate per la caccia. Stabili nel tiro, richiedono però una certa dimestichezza nell’uso. E una grande forza per soffiare il «proiettile».
Il testimone
Le persone colpite sono state cinque. Una di esse, intervistata da La Stampa, ha detto: "Stavo camminando quando ho sentito un forte dolore al braccio destro. Sentivo bruciare, come se mi avessero punto. Ho sfregato con la mano e ho trovato un ago conficcato nella pelle. È stato terribile". Poi ha aggiunto: "Non ho realizzato subito cosa fosse successo. Ero stranito. E anche spaventato. Sono andato subito al pronto soccorso, anche per il timore che l’ago fosse infetto". Gli esami hanno scongiurato questa ipotesi.
Caccia alla banda degli aghi
E allora la caccia alla banda degli aghi d’acciaio continua, perché da qualche parte devono pur aver lasciato una traccia, scrive il quotidiano torinese. Un elemento che porti a dare un nome ed un volto a questi ragazzi, prima che accada qualcosa di decisamente molto grave. Molto di più di quelle ferite alle gambe e alla schiena di lunedì 25 settembre.