È la prima indagine sulla legittimità dei dati biologici e il rispetto della normativa sulla privacy quella in corso in Ogliastra, in Sardegna, sul furto di migliaia di campioni del Dna dei sardi che vivono su una delle "blue zone del mondo", nota per la straordinaria longevità della popolazione. La procura della Repubblica di Lanusei ha notificato 17 avvisi di garanzia, alcuni dei quali a due sindaci e amministratori del territorio, e chiesto la proroga delle indagini. È stata stralciata la posizione penale di altre 36 persone per prescrizione dei reati contestati che, per i 17 ancora sotto indagine vanno, a vario titolo, dal furto aggravato al peculato, dall'abuso d'ufficio, alla falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici alla violazione del codice in materia di protezione dei dati personali.
Un anno fa, la sparizione delle provette
L'inchiesta su quello che sulla stampa è stato ribattezzato "biointrigo", affidata ai carabinieri della compagnia di Lanusei, era cominciata l'anno scorso dopo la misteriosa sparizione di circa 14mila provette contenenti il Dna volontariamente messo a disposizione da altrettanti sardi nei primi anni Duemila. All'epoca tanti erano stati gli ogliastrini che avevano donato campioni di sangue a SharDna, società di ricerca sul genoma dei sardi, fondata 17 anni fa dall'allora patron di Tiscali e futuro presidente della Regione Sardegna, Renato Soru, e diretta dal genetista Mario Pirastu, ora fra gli indagati.
E proprio sulla procedura di "reclutamento" dei volontari si concentrano le indagini: i ricercatori di SharDna all'epoca girarono i paesi dell'Ogliastra per individuarli e ne chiesero i dati anagrafici agli uffici comunali, procedura che prevede, però, il nulla osta degli interessati. SharDna è stata ceduta nel 2009 per tre milioni di euro al gruppo San Raffaele di Don Verzè, al cui fallimento è seguita la vendita giudiziaria: la società in liquidazione è stata acquistata nel luglio 2016, per 285mila euro, alla Tiziana Life sciences, con sede a Londra. La cessione del ramo d'azienda, che mille polemiche ha suscitato in Sardegna anche in Consiglio regionale dove sono fioccate mozioni e interrogazioni, è finita nel mirino del Garante per la tutela dei dati personali che nell'ottobre 2016 ha intimato alla nuova proprietà il blocco del trattamento dei dati personali contenuti nella biobanca.
La mobilitazione dei donatori
Secondo il Garante, Tiziana Life Sciences, prima di utilizzare i campioni biologici e servirsi della banca dati per le sue ricerche, avrebbe dovuto ricontattare i donatori, informarli dell'uso che intende farne e raccogliere nuovamente il loro consenso. Ma il tribunale di Cagliari ha annullato l'efficacia del provvedimento a tutela della privacy (ritenuto "esorbitante"), sentenza contro la quale il Garante si è appellato. Poco dopo la vendita alla Tiziana Life, il 10 agosto 2016, dai cassetti dei freezer del parco genetico di Perdasedefogu, che custodiva la bio banca dell'ex SharDna e sede del parco Genos, erano sparite circa 14mila provette di dna e altre con campioni biologici, come denunciato da una dipendente del laboratorio. Il materiale mancante era poi stato ritrovato alcuni giorni dopo dai carabinieri, su indicazione del genetista Pirastu, nei laboratori della Clinica oculistica dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, nell'ospedale San Giovanni di Dio.
Intanto, nel giugno scorso, una parte dei 13mila sardi che donarono campioni di sangue alla banca del dna, sequenziato da SharDna in 15 anni di lavoro, si è mobilitata a tutela dei loro dati genetici. Riuniti in un'associazione preseiduta dal dottor Flavio Cabitza, circa 2.500 donatori hanno chiesto alla Regione di tutelarli, temendo per la conseguenze della vendita di quanto avevano donato convinti che sarebbe stato utilizzato da ricercatori sardi per studiare i segreti della longevità dei sardi e identificare la cause genetiche delle malattie. Del resto, come ha avvertito il garante della privacy, Antonello Soro, in un'intervista alla Stampa, in futuro le informazioni genetiche potrebbero essere una fonte di ricchezza, appetibili ad esempio "per le compagnie assicurative o per i datori di lavoro interessati a selezionare il proprio personale sulla base delle caratteristiche genetiche, o addirittura per le case farmaceutiche desiderose di testare nuovi farmaci su soggetti selezionati".