Amatrice - "Il paese non c'è più, Amatrice non c'è più". Quelle parole, pronunciate dal sindaco Sergio Pirozzi ai primi giornalisti che riuscirono a contattarlo, nel vuoto di buio e polvere della notte del 24 agosto, hanno fatto il giro del mondo. E forse hanno permesso di salvare decine di vite, nell'atrocità di una tragedia dalle proporzioni comunque enormi per un piccolo paese di montagna. Amatrice non c'è più, per davvero. Quel poco che era rimasto dopo il 24 agosto lo ha spazzato via il secondo schiaffo del "mostro" - così lo chiamano tutti da queste parti, ormai, il terremoto - arrivato tra il 26 e il 30 ottobre a infierire su un territorio squassato, sotto choc, colpito al cuore da una ferita che mai nessuno riuscirà a cancellare. Sono 237 le persone che hanno perso la vita nel solo paese della ricetta italiana di pastasciutta più famosa al mondo, 237 morti sulle 299 vittime totali, il 10% di una popolazione che per 8 mesi all'anno conta 2.500 abitanti, prima di moltiplicarsi almeno per tre durante l'estate, quando i romani tornano a popolare quel borgo tanto caro alla città eterna. Un'ecatombe, numeri alla mano, una ferita gigantesca per un paese dove fino a qualche ora prima fervevano i preparativi per festeggiare il mezzo secolo di vita di 'sua maestà' l'Amatriciana, in programma quel weekend. Prima che il mondo cambiasse, in una manciata di secondi.
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Cento giorni dal sisma, come si vive tra le macerie
Paura, polvere e macerie: la cronaca di quella terribile notte
I ricordi di quei momenti sono vaghi, confusi, rapidissimi: la prima scossa, di magnitudo 6.0, distrugge parte di corso Umberto I, le aree limitrofe, i centri storici di gran parte delle frazioni sul versante "abruzzese" del territorio. E uccide, a macchia di leopardo, dappertutto. Qualche minuto dopo un paio di forti assestamenti, fino alla seconda scossa, magnitudo 5.4, che completa l'opera. Tutto intorno è confusione totale, la notte non permette di comprendere appieno che cosa stia veramente succedendo. Forse, per davvero, soltanto il sindaco Pirozzi capisce da subito la portata della tragedia: "Il paese non c'è piu'", dirà con voce tremante alle 4 del mattino. Una frase che mobilita tutta Italia, e l'imponente macchina dei soccorsi giunti alle prime luci dell'alba. Ad Amatrice però la gente era già in strada, lungo corso Umberto I, cercando di tirar fuori dalle macerie parenti, amici, familiari. O rifugiandosi dove possibile, nei vicini giardinetti comunali, lontano dalla polvere. Saltano luce e collegamenti, il territorio è in tilt, poi le luci dell'alba trasformano l'incubo in realtà: la perla dei Monti della Laga è un cumulo di macerie e detriti. E morti. I corpi estratti senza vita da sotto quel che resta di Amatrice sono decine, poi centinaia col passare delle ore. E' come l'Aquila, peggio dell'Aquila. Difficile anche solo trovare le parole per poterlo descrivere. I luoghi simbolo di quella terra tanto cara a San Francesco sono stati spazzati via. Non solo ad Amatrice, ma anche nella moltitudine di frazioni (erano 69 prima del 24 agosto) che facevano di quel Comune un insieme di micro-mondi uniti ma anche diversi tra loro. Lungo l'asse della provinciale 20 lo scenario è impressionante: Saletta, Casale, Cossito, San Lorenzo e Flaviano, Sant'Angelo, paesi cancellati dalle cartine. A Saletta ci sono più morti che residenti, visto il periodo di massima affluenza. Le vittime vengono ritrovate in ogni centro, da Sommati a Sant'Angelo. I corpi verranno cercati per settimane dai vigili del fuoco, che scavano anche a mano, laddove non e' possibile arrivare con escavatori e bobcat. Mentre l'imponente macchina della Protezione Civile allestisce le prime strutture d'accoglienza per le migliaia di sfollati, e le forze dell'ordine, carabinieri, polizia, forestale, finanza ed esercito, presidiano il territorio. Diecimila uomini in tutto, un'assistenza senza precedenti, per un evento che ora dopo ora assume le proporzioni di un disastro internazionale, trasmesso sui network di tutto il mondo.
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Passano i giorni, e i contorni del disastro si fanno sempre più marcati: le case popolari di Largo Sagnotti restituiscono 22 corpi senza vita, e finiscono all'interno di un fascicolo d'inchiesta aperto dalla Procura della Repubblica di Rieti, che inizia a indagare per disastro e omicidio colposo. Anche la scuola "Romolo Capranica", collassata nonostante i lavori effettuati nel 2012, diventa edificio-chiave dell'indagine, così come l'Hotel Roma, il tempio degli spaghetti all'amatriciana, dove perdono la vita altre 6 persone. E il Municipio, scomparso sotto le macerie di Corso Umberto I. Tutto intorno è un viavai di sirene e lampeggianti, tanto che serve la polizia municipale di Roma Capitale per veicolare il traffico. Oltre alle vittime inizia la conta dei danni alle cose: le scuole sono inagibili, la viabilità è a pezzi, Amatrice è semi-isolata, tanto che per raggiungerla bisognerà compiere una deviazione di 40 chilometri, da Montereale a Poggio Cancelli. I morti, come detto, saranno 237, piu' altre decine e decine di persone ricoverate negli ospedali di Rieti, Ascoli, Perugia e L'Aquila. Tante le persone che lasciano, tornano a Roma, trovano alloggio da parenti e amici. Tantissime quelle che restano, per ricostruire, per ritrovare una piccola speranza in mezzo al buio e alla polvere. E proprio quando la ricostruzione sembrava essere partita, la scuola ricostruita - in tempi record - e riaperta, la gente rialloggiata, il "mostro" colpisce ancora, stavolta con più forza, almeno nella sua intensità: 6.5. E' il 30 ottobre, sono trascorsi appena due mesi dalla tragedia e ad Amatrice viene spazzato via tutto quello che era rimasto, dalla "palazzina rossa" di Corso Umberto I, passata da brutto anatroccolo a simbolo della resistenza del paese, a tutte le case danneggiate, o quasi. Nessuna altra vittima, e questo e' un piccolo miracolo, ma un lavoro letteralmente azzerato, che colpisce duramente un nemico gia' ferito. Per giunta alla vigilia dell'inverno, che ad Amatrice e' una cosa seria. E che mette le forze di soccorso e sicurezza di fronte a un cratere allargato a dismisura, dal Lazio alle Marche, passando per l'Umbria. Serve riazzerare tutto e ricominciare, con strategie e soluzioni nuove, perché l'estate e' alle spalle e l'inverno alle porte. Niente tende ma containers, come nel '97, come in passato. Perche' nonostante questa nuova botta devastante gli amatriciani non se ne vanno. E non se ne andranno, almeno fino a quando ci sara' benzina nel serbatoio della famosa tempra degli uomini di montagna.
Obiettivo, tornare alla normalità
A 100 giorni dal terremoto che ha cambiato la sua storia e a un mese dal secondo attacco del "mostro", ad Amatrice il lavoro non si è mai fermato. Anzi, i cantieri aperti sono tanti, perché tutti guardano all'obiettivo numero "uno", ridare al paese una forma e una vita entro la prossima primavera. Martedì, con qualche giorno di anticipo, sono arrivate le prime cinque "casette", soluzioni temporanee che costituiranno quella che è stata ribattezzata "Amatrice ponte", primo tassello di una ricostruzione, quella vera, che per forza di cose durerà anni. Le Sae (soluzioni abitative d'emergenza, questo il vero nome) saranno installate in aree individuate da Protezione Civile, Comune e Regione Lazio, e urbanizzate dal personale dell'esercito. Le casette permetteranno agli amatriciani che lo hanno deciso di tornare a vivere il paese e le frazioni. Dove, contemporaneamente, sorgeranno i due grandi progetti ideati e finanziati da due canali di solidarietà diversi e paralleli: l'area food, struttura ricettiva progettata dall'architetto Stefano Boeri e finanziata dalla raccolta fondi dei gruppi Rcs e La7, che permetterà a ristoratori ed esercenti di riaprire le attivita' distrutte dal terremoto, e l'area ludico-ricreativa-teatrale, realizzata con i ricavati della raccolta fondi dell'associazione "#Iocisono", che donerà gli amatriciani un nuovo punto d'incontro, con teatro, cinema, mediateca, bar e negozi. Saranno convogliate in questi due centri le attivitàcommerciali che hanno chiuso dopo il sisma, paralizzando l'economia, mentre gli artigiani potranno riaprire i battenti nell'area a loro dedicata gia' esistente presso la frazione di Torrita.
Terremoto, il piano di Casa Italia per la sicurezza
Lavori sugli insediamenti abitativi e lavori sulla viabilità, il vero grande tallone d'Achille del territorio: la strada comunale Romanella, diventata il principale collegamento da e per Amatrice dopo la chiusura di Corso Umberto I, è stata riasfaltata immediatamente ed è di nuovo percorribile in entrambi i sensi di marcia. Personale della Regione Lazio (attraverso il suo gestore Astral) e uomini e mezzi dell'esercito sono all'opera anche per riaprire la strada provinciale 20 lungo il tratto che attraversa la frazione di Retrosi, mentre l'avvio della rimozione delle macerie, processo che viaggia spedito con quasi 400 tonnellate di materiale stoccato ogni giorno, consentirà di riaprire anche un passaggio proprio lungo il centro storico, per il momento riservato ai soli mezzi di soccorso. Anche nella zona di Sommati-Saletta-San Lorenzo si lavora per ripristinare una viabilità chiusa sin dal primo giorno dopo il terremoto. A breve poi potrebbe definitivamente alzarsi il sipario sul progetto del nuovo ospedale, che sostituirà il vecchio "Grifoni", teatro di tante battaglie politiche - l'ultima, in ordine di tempo, con tanto di minaccia del sindaco Sergio Pirozzi di secessione dal Lazio e annessione alle Marche, poi tramontata - per il mantenimento del presidio sanitario di montagna.
Come sarà il nuovo centro culturale
La vecchia struttura sarà demolita e ricostruita per diventare centro ludico-ricreativo, mentre la nuova sorgerà nei pressi di San Cipriano e sara' edificata anche grazie al contributo di un "grande Stato Europeo", la cui identità non e' ancora stata rivelata, ma che in molti ipotizzano essere la Germania di Angela Merkel, che avrebbe già appostato nella sua manovra un capitolo di bilancio riservato ai territori italiani colpiti dal sisma. Sulle scuole il punto d'arrivo è la realizzazione del nuovo liceo turistico a vocazione internazionale, che aprirà il prossimo anno, mentre l'obiettivo principale e' quello di riportare la scuola alberghiera ad Amatrice dopo il suo trasferimento a Rieti per inagibilità della vecchia struttura. Gli altri istituti sono momentaneamente ospitati dal nuovo complesso completato in tempi record dalla Protezione civile della Provincia Autonoma di Trento, che ha consentito agli studenti di materna, elementari, medie e liceo scientifico di non perdere neanche un giorno di scuola. A tutto questo poi si aggiungono le tante donazioni, i tanti progetti paralleli, le tante iniziative spontanee in fase di progettazione e realizzazione su tutto il territorio. Piccoli mattoni di una ricostruzione ancora lontana, ma che tutti, ad Amatrice, vogliono raggiungere. Prima possibile.