Bruxelles - L'Italia dell'istruzione non tiene il passo dell'Unione europea: gli investimenti pubblici sono tra i più bassi dell'Ue, l'abbandono scolastico è superiore alla media e i laureati sono pochi rispetto agli altri paesi europei. Tuttavia qualcosa si muove e con la riforma della scuola avviata l'anno scorso la situazione può migliorare "a patto che il governo tenga fede agli impegni". E' quanto emerge dal rapporto sull'istruzione della Commissione europea.
Il documento offre una panoramica generale dell'istruzione, analizzata poi nello specifico con schede per ogni Paese. Nel capitolo dedicato all'Italia si confermano i numerosi punti deboli del sistema scolastico nazionale. Nel 2015 i giovani (18-24 anni) che hanno abbandonato prematuramente gli studi e la formazione sono stati, a livello Ue, l'11% del totale, ma in Italia la quota è pari al 14,7%. Sempre nello stesso anno i giovani che hanno conseguito un diploma d'istruzione terziaria (laurea) erano il 38,7% del totale in Europa, ma il 25,3% in Italia. Ancora, nel 2014 la spesa pubblica per l'istruzione, sia in rapporto al Pil (4,1%), sia in rapporto alla spesa pubblica complessiva (7,9%), "era fra le più basse dell'Ue", così come il paese è ultimo per laureati nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni. Per tornare agli investimenti, "il sistema dell'istruzione superiore non riceve risorse adeguate e deve confrontarsi con il problema dell'invecchiamento del personale docente e del suo assottigliamento". L'esecutivo comunitario vede comunque timide inversioni di tendenza. "Pur attestandosi ancora al di sopra della media Ue, il tasso di abbandono scolastico è in costante diminuzione" dal 2008. C'è poi da considerare che il rapporto si ferma al 2015, quando è stata introdotta la riforma dell'istruzione cosiddetta della "buona scuola".
Bruxelles quindi riconosce che "la riforma del 2015 e il sistema nazionale di valutazione degli istituti sono in fase di attuazione e potrebbero migliorare i risultati" del sistema scolastico italiano. La Commissione Ue guarda con favore in particolare all'assunzione di circa 90mila insegnanti a tempo indeterminato nel biennio 2015-2016 allo scopo di rafforzare il sistema d'insegnamento. "Nel suo complesso si tratta di una misura positiva, a condizione che il governo tenga fede all'impegno di consentire l'accesso alla professione solo tramite concorsi pubblici dal 2016 in poi". Il rapporto ricorda inoltre che la legge di stabilità del 2015 ha creato un fondo specifico destinato a finanziare la riforma, con una dotazione di un miliardi e l'impegno, a partire dal 2016, di finanziare il fondo con 3 miliardi all'anno".