Roma - Dalle lenticchie di Castelluccio al ciauscolo, il sisma che il 26 e il 30 ottobre ha colpito Umbria e Marche mette in pericolo alcuni dei tesori più preziosi del patrimonio agroalimentare italiano. Decine di allevatori sono rimasti senza un tetto e laddove sono crollate anche le stalle, resta l'esigenza di trovare un riparo per oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali. Con l'arrivo del freddo è partita una corsa contro il tempo per dare agli allevatori la possibilità di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi. Ma servono anche ricoveri sicuri per il bestiame dato che stalle, fienili e casolari sono lesionati, distrutti o inagibili. In tutto sono tra i 60 e i 70 gli allevamenti danneggiati dal sisma. E per 50 di loro si sta lavorando per installare le tende.
PERCHE' LA LENTICCHIA DI CASTELLUCCIO E' IN PERICOLO
Una cooperativa agricola raccoglie buona parte dei produttori della famosa lenticchia di Castelluccio, la 'lenta', come la chiamano gli abitanti del borgo. Sono proprietari di piccoli appezzamenti di circa uno o due ettari che caratterizzano il disegno della piana sottostante il piccolo borgo di montagna. Dopo la scossa del 24 agosto i locali della cooperativa, quelli in cui si confezionavano i prodotti sono crollati e la produzione è stata trasferita la produzione e i magazzini sulla Salaria, in provincia di Rieti, ma ora, dopo la scossa del 30 anche quella sede e' crollata. Dobbiamo vedere ora come possiamo riorganizzarci".
UN LEGUME CHE E' SIMBOLO DI UN TERRITORIO
Il reticolo dei piccoli campi contribuisce a creare ogni estate uno degli spettacoli più straordinari e rappresentativi del connubio millenario tra uomo e ambiente che è la fioritura di Castelluccio. Si tratta di un fenomeno che è proprio legato alla tecnica di coltivazione utilizzata da secoli e alla tipica ripartizione dei terreni in piccoli appezzamenti appartenenti alle famiglie del paese. Quando i terreni sono a riposo sono poi gestiti in maniera collettiva e vengono affidati alla Comunanza Agraria di Castelluccio, un ente antichissimo, che raccoglie i 63 capifamiglia di Castelluccio e che gestisce il pascolo delle mandrie sui terreni privati, ma aperti al pascolo collettivo. In pratica in ogni appezzamento si assiste, verso la fine di giugno e l'inizio di luglio, alla fioritura di una varietà straordinaria di piante diverse, dalle margherite al papavero, i cui fiori sbocciano in maniera differenziata a seconda delle diverse semine effettuate. Il risultato finale è che Pian Grande di Castelluccio, un alveo di un antico bacino alle falde del Monte Vettore, si ricopre di una sorta di patchwork di mille colori dal rosso intenso dei papaveri all'azzurro delle genzianelle passando per una varietà incredibile di piante, caratteristiche dei pascoli di montagna. In mezzo a quei fiori, ci sono le celebri lenticchie di Castelluccio.
DALLO ZAFFERANO ALLE SALSICCE DI CINGHIALE
Non solo lenticchie: le scosse mettono a rischio un sistema che offre lavoro solo nella fase di produzione agroalimentare ad almeno diecimila persone che lavorano nel settore della lavorazione di suini, cinghiali e ovini. In pericolo ci sono anche specialità conservate da secoli dal pecorino dei Sibillini al Vitellone Bianco Igp passando per la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il Caciottone di Norcia, il farro fino al prosciutto di Norcia Igp, che rappresentano un patrimonio culturale del Paese, oltre che economico ed occupazionale. Un'emergenza per la quale sono stati stanziati 10 milionidi euro oltre a anticipi sui contributi europei per far fronte alla liquidità. Il 90% degli allevatori vive, infatti, di vendita diretta che viene a mancare all'indomani del sisma. Soprattutto considerando che molti dei clienti è rappresentato dai turisti, un dato che tocca il 33% in Umbria. (AGI)