Roma - Massimo Galioto, il 40enne romano senza fissa dimora in carcere dal 7 luglio scorso, non voleva uccidere Beau Solomon ma, avendolo aggredito la notte tra il 30 gugno e il primo luglio sulla banchina del Tevere all'altezza di Ponte Garibaldi con una spinta iniziale seguita forse da un calcio e da un lancio di una pietra, ha commesso "atti diretti a percuotere e ledere" il 19enne studente americano il quale, barcollante perche' completamente ubriaco, e' poi caduto nelle acque del fiume per schivare il sasso ed e' annegato. E' questa la ricostruzione fatta dai giudici del tribunale del riesame che, nei giorni scorsi, bocciando la richiesta di scarcerazione avanzata dall'avvocato Michele Vincelli, difensore di Galioto, hanno riqualificato il reato come omicidio preterintenzionale rispetto all'omicidio volontario ravvisato dal pm Marcello Monteleone.
Premettendo che l'inchiesta della Procura e' ancora "in una fase embrionale" al punto da rendere necessari "opportuni approfondimenti investigativi", il collegio della liberta', presieduto da Attilio Mari, si sofferma su quei pochi punti fermi dell'indagine che chiamano in causa Galioto. Tra questi, ci sono la versione dei fatti riferita (con non poche contraddizioni) da Alessia Pennacchioli, compagna dell'arrestato, ed alcune immagini, "di pessima risoluzione", estrapolate dal sistema di videosorveglianza dell'Universita' John Cabot (dove la vittima studiava). Immagini che, complici la lontananza e l'oscurita', consentono solo di "interpretare la dinamica degli aventi con un elevato margine di approssimazione".
Secondo il tribunale, "la caduta in acqua di Solomon non e' direttamente riconducibile alla spinta o al calcio sferrato da Galioto" perche' avviene "dopo diversi secondi". Lo studente Usa, che aveva trascorso la serata in alcuni locali di Trastevere con altri ragazzi e si era allontanato da un pub senza un apparente motivo, "per effetto della precedente assunzione di alcol, era sicuramente disorientato e instabile nell'equilibrio. La sua condizione era certamente percepibile da Galioto". Dal video si intuisce come "il piegamento che il ragazzo ha compiuto per schivare la pietra (forse scagliatagli dall'indagato, ndr) abbia ulteriormente disorientato e destabilizzato il suo gia' precario equilibrio, portandolo di spalle al fiume sul ciglio dell'argine, dove non e' riuscito a mantenere una posizione eretta ed e' caduto all'indietro".
Per il tribunale, dunque, "non si puo' concludere che Galioto abbia avuto la chiara rappresentazione con conseguente accettazione del rischio della complessiva condotta, inaugurata dalla spinta e terminata con l'irruzione del cane e successiva precipitazione in acqua del Solomon, in conseguenza della quale ne era prevedibile la morte". In sostanza, "non vi sono attualmente sufficienti riscontri per ipotizzare che la precipitazione in acqua e l'annegamento fossero sviluppi prevedibili della condotta che Galioto ha posto in essere. La spinta infatti non ha procurato un significativo spostamento verso l'argine ed il lancio della pietra e' avvenuto quando Solomon era sufficientemente distante, anche se poi nello schivarla si e' trovato in bilico sul ciglio della banchina. Deve escludersi pertanto il dolo eventuale e di conseguenza l'omicidio volontario. Ecco perche' sussistono gli estremi perche' il fatto complessivamente rivalutato sia riqualificato in omicidio preterintenzionale". Se non fosse stato stordito dall'alcol, Solomon, per i giudici del riesame, avrebbe avuto tutta la possibilita' di salvarsi: Galioto, infatti, si era mantenuto "a una discreta distanza dal giovane, lasciando spazio sufficiente a una persona in condizioni normali per darsi alla fuga in direzione opposta". (AGI)