Erevan - "Ci siamo incontrati, ci siamo abbracciati fraternamente, abbiamo pregato insieme, abbiamo condiviso i doni, le speranze e le preoccupazioni della Chiesa di Cristo, di cui avvertiamo all'unisono i battiti del cuore, e che crediamo e sentiamo una. Ed ora, Santità, in nome di Dio, Vi chiedo di benedirmi, di benedire me e la Chiesa Cattolica, di benedire la nostra corsa verso la piena unità". Con queste parole Papa Francesco ha salutato il Catolicos Karekin II, patriarca supremo di tutti gli armeni, al termine della Divina Liturgia alla quale il Pontefice Romano ha assistito indossando una stola, come già aveva fatto Giovanni Paolo II nel 2001.
Nel discorso conclusivo della visita, Francesco ha ricordato ancora una volta il Grande Male, evocando davanti all'altare all'aperto di Tiridate, che si colloca nella parte orientale della Cattedrale Madre e viene usato per le celebrazioni ecclesiastiche più importanti, "i tanti martiri che in questo luogo avete canonizzato lo scorso anno". "Accogliamo - ha esortato Francesco - il richiamo dei santi, ascoltiamo la voce degli umili e dei poveri, delle tante vittime dell'odio, che hanno sofferto e sacrificato la vita per la fede; tendiamo l'orecchio alle giovani generazioni, che implorano un futuro libero dalle divisioni del passato. Da questo luogo santo si diffonda nuovamente una luce radiosa; a quella della fede, che da san Gregorio, vostro padre secondo il Vangelo, ha illuminato queste terre, si unisca la luce dell'amore che perdona e riconcilia". "La Chiesa armena - ha invocato infine Papa Bergoglio - cammini in pace e la comunione tra noi sia piena. In tutti sorga un forte anelito all'unità, a un'unità che non deve essere nè sottomissione l'uno dell'altro, nè assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzato da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo". (AGI)