CdV - Due pesci rossi donati dalla Chaouqui al monsignor Vallejo Balda sono stati al centro dell'undicesima udienza del processo Vatileaks due. La pr intendeva intimidire il prelato spagnolo con un dono che poteva alludere alla necessita' di restare muti? Questa domanda non ha trovato una risposta certa nell'interrogatorio della signorina Paola Pellegrino archivista della Prefettura. Certo e' che i pesci furono lasciati morire dal sacerdote che non se ne prese mai cura. Altri reati certi non sono emersi dalle deposizioni di oggi, anche se sia la Pellegrino, laica consacrata, che la signora Paola Monaco hanno descritto un clima di tensione e nervosimo ingenerato dai comportamenti di monsignor Balda. "La Chaouqui lo faceva innervosire e poi lui se la prendeva con noi", ha dichiarato la Monaco. E la Pellegrino ha detto che certamente il prelato spagnolo si comportava in modo brutale con i dipendenti ma ha dichiarato di non poter dire se cio' dipendeva da un ruolo dominante della Chaouqui su di lui.
Di piu' concreto la Pellegrino ha parlato di ingenti prelievi e fotocopiature di documenti dell'archivio della Prefettura da parte di Balda e suoi collaboratori senza annotazioni e giustificazioni. Documenti che lei ritiene di aver riconosciuto in quelli pubblicati nel volume "Via Crucis" di Gianluigi Nuzzi, coimputato nel processo ma oggi assente all'udienza.Quando e' toccato agli avvocati, pero', la certezza che i documenti fossero proprio quelli e' venuta meno perche' la Pellegrino aveva parlato di un timbro con la scritta "sub secreto" mentre nel libro sono riprodotti documenti con la scritta "sub secreto pontificio". "Maio mi ha chiesto un timbro con la scritta sub secreto. L'ho visto riprodotto con i documenti mentre sugli originali non c'era", ha dichiarato. Ma il difensore di Nuzzi, l'avvocato Palombi, ha fatto notare l'incogruenza. Nell'udienza, infine, le due impiegate della Prefettura hanno confermato la notizia degli spintoni e strattonamenti ai quali Balda sottoponeva i suoi dipendenti, come pure il sospetto di micorospie e telecamere poste in modo fraudolento negli uffici del dicastero.
"Una volta - ha rivelato la Pellegrino - la Chaouqui sali' su una scala per verificare se nelle scatole elettriche c'erano nascosti questi apparati". Infine la Pellegrino ha pure dichiarato di aver constatato un'intrusione informatica nella rete della Prefettura dalla quale erano spariti alcuni file di una cartella-indirizzario denominata "Nunzi". I giudici pero' avevano capito che la cartella fosse denominata "Nuzzi" ed erano quindi sicuri di aver individuato la "prova regina". L'equivoco pero' e' durato pochi minuti. E il 7 maggio ci sara' una nuova udienza, ancora alla ricerca di prove e di reati, con l'interrogatorio di testi esterni al Vaticano come Paolo Mieli, chiamato a deporre da Nuzzi. (AGI)