Roma - All'indomani della nuova 'verità' sul caso Regeni arrivata dall'Egitto, i familiari del ricercatore denunciano "un infamante depistaggio". "Credo che il nostro sgomento sia quello dell'Italia intera, rispetto a questi infamanti depistaggi che si susseguono in questi giorni", ha affermato l'avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ai microfoni di Radio 1 Rai. "La cosa che ci ha colpito di piu' - ha proseguito il legale- e' l'insulto, la mancanza di rispetto non solo nei confronti di Giulio ma di tutto il Paese, delle istituzioni, come se potessimo accontentarci di queste menzogne. Allo sgomento - ha proseguito - si unisce la soddisfazione e la fierezza di essere italiani e di avere il sostegno delle istituzioni, delle tante associazioni umanitarie e soprattutto dei cittadini. Questo per la famiglia di Giulio e' molto importante".
"L'Italia insiste: vogliamo la verità", ha sottolineato ieri il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, nel giorno in cui le autorità egiziane hanno fatto sapere di avere ucciso i quattro responsabili dell'omicidio del giovane ricercatore italiano e di aver ritrovato il suo passaporto e gli effetti personali, tra cui una carta di credito.
صرح مسئول المركز الإعلامى الأمنى بوزارة الداخلية أنه فى ضوء تمكن الأجهزة الأمنية بمديرية أمن القاهرة صباح اليوم 24 الجار...
Pubblicato da الصفحة الرسمية لوزارة الداخلية su Venerdì 25 marzo 2016
La Procura di Roma "elementi non idonei per fare chiarezza" - "La Procura di Roma ritiene che gli elementi finora comunicati dalla Procura egiziana al team di investigatori italiani presenti al Cairo non siano idonei per fare chiarezza sulla morte di Giulio Regeni e per identificare i responsabili dell'omicidio", ha affermato il capo della Procura di Roma, Giuseppe Pignatone. La Procura, fa sapere ancora Pignatone, "ritiene quindi necessario che le indagini proseguano, come del resto si evince dal comunicato appena diramato dal ministero dell'Interno egiziano" e "rimane in attesa che la Procura Generale del Cairo trasmetta le informazioni e gli atti, da tempo richiesti e sollecitati, e altri che verranno richiesti al piu' presto in relazione a quanto prospettato ai nostri investigatori".
Il ministero dell'Interno egiziano frena sul coinvolgimento diretto dei criminali - Intanto, il ministero dell'Interno egiziano frena sul collegamento diretto tra i criminali uccisi dalle forze di sicurezza egiziane e l'omicidio del giovane ricercatore. Parlando ai media, il portavoce del ministero Abu Bakr Abdul Karim, ha precisato che la borsa ritrovata nell'abitazione della sorella di uno dei cinque presunti criminali uccisi nell'area di Heliopolis, Tarek Saad Abdel Fatah, non implica un coinvolgimento del gruppo nell'assassinio del ricercatore italiano. La moglie e la sorella dell'uomo hanno infatti ammesso che la borsa apparteneva al loro congiunto ma di non sapere nulla riguardo al suo contenuto. Il ritrovamento e' avvenuto a Shobra al Khaima sobborgo di Qaliubiya ed e' stato confermato dallo stesso ministero dell'Interno sulla propria pagina internet. Il gruppo che era noto per rapimenti con richiesta di riscatto potrebbe aver sequestrato e in seguito venduto ad un gruppo jihadista o a membri dei Fratelli Musulmani il giovane ricercatore,decidendo di conservare gli effetti personali per uno scopo, forse politico.
Regeni, il 28enne dottorando all'Università di Cambridge, era scomparso il 25 gennaio nel centro del Cairo e ritrovato morto il 3 febbraio con evidenti segni di violenza sul corpo. Da quando il cadavere è stato ritrovato i sospetti si sono in gran parte concentrati sui servizi di sicurezza del Cairo: uomini dell'intelligence, conosciuti per i modi feroci, che lo avrebbero rapito e torturato sospettando che avesse legami con ambienti jihadisti. Da tempo i servizi di polizia e di intelligence sono accusati dalle organizzazioni a difesa dei diritti umani egiziani e internazionali di detenzioni illegali, sparizioni forzate, tortura, omicidi arbitrari. Il 10 marzo, il Parlamento europeo ha approvato un risoluzione nella quale ha denunciato "la tortura e l'assassino in circostanza sospette" dello studente italiano e che è stata respinta dal ministero degli Esteri e del suo Parlamento. L'Egitto ha sempre respinto al mittente l'accusa e anzi ha promesso all'Italia "un'inchiesta trasparente" e di portare alla luce "tutta la verità sullo studente, che al Cairo conduceva una ricerca sul campo sui movimenti sindacali. (AGI)