CdV - Ha tenuto solo per sé, fino ad ora, le confidenze intime raccolte dalle labbra di monsignor Vallejo Balda, la signora Francesca Immacolata Chaouqui. "Se non avessi sentito che Balda ha dichiarato davanti ai giudici di aver fatto sesso con me al posto di aver passato 2 ore su una poltrona ad ascoltare, confortare, consolare. Al processo racconterò ogni dettaglio di quella confidenza. Quello che lui temeva sapesse qualcun'altro oltre me e se stesso sarà in mondo visione venerdì, giorno in cui spero mi interroghino... Tutto on Air. Con dettagli, particolari", scrive Francesca Immacolata Chaouqui su Facebook, dove peraltro non conferma quanto annunciato nell'aula del Tribunale vaticano dall'avvocato Laura Sgrò e cioè il ricovero (per sottoporsi a "cerchiaggio uterino") previsto per oggi e che avrebbe fatto saltare l'udienza di domani e forse anche le successive.
"Io e lui e sua madre a Firenze. Lei dormiva. Noi eravamo seduti ad un tavolino a due metri di distanza dalla stanza da letto... Balda quasi piangeva, rimpianti, rimorsi, la malinconia che assale a volte quando si è lontani da casa. Mi fece una confidenza, qualcosa che mi disse sapevo solo io. Resto lì, ascolto. Piango insieme a lui", ricostruisce la signora che su Facebook raccovaticano
nta la sua verità sui rapporti con il sacerdote spagnolo Vallejo Balda, descrivendo nei minimi particolari quella notte in albergo con il suo coimputato, già numero due della Prefettura per gli Affari Economici e, all'epoca di quel piccolo viaggio, segretario coordinatore della Cosea, della quale la pr era l'unico membro italiano. Altro che momenti di intensa passione. Secondo la signora fu un momento di compassione. "Capisco - scrive - il dramma, di uomo e di sacerdote. Ma lui è mio amico. E gli amici lo sono sempre, qualsiasi cosa nasconda il loro passato. Ero sincera, non fingevo, come forse fece lui. Sincera nel dirgli che non importava chi aveva amato, che non importava di che sesso fosse quella persona, e cosa fosse derivato dai quei giochi, che qui a Roma, Astorga era lontana, nessuno sapeva. E se anche si fosse saputo un amore se rende felici vale forse la pena di essere vissuto. Pensai all'uomo e scordai il vestito che portava. Era Lucio, erano le sue lacrime. La certezza di confessare qualcosa di enorme che per me, da laica, era niente di eccezionale".
"Finì così quella notte. Fra lacrime e promesse che saremmo stati amici per sempre. Finì con la promessa di un segreto di un amico che avrei custodito fino alla morte, come ho fatto", assicura la signora, che spiega: "anche quando quella notte e quella confessione si sono trasformati in una notte di sesso con me, che stando alle parole di Balda sarebbe stata la prima con una donna in tutto l'arco della sua vita". Ma ora, nella prospettiva di essere interrogata in Tribunale, la Chaouqui giura: "al processo racconterò i dettagli di questa confessione, senza giudizio sui fatti, racconterò quelle confessioni, ogni particolare. Sarò costretta a farlo per amore di me stessa, per amore della verità che devo a mio figlio". "Finora - fa notare la Chaouqui - ho subito tutto limitandomi a smentire, ora tocca a me. Per la prima volta tradirò un amico, ma non ho scelta. Per il resto guardate e giudicate voi, cosa fosse Balda per me, che ruolo aveva nella mia vita, con la mia famiglia. Poi se potete ricordatevi che grazie a Dio, i sacerdoti, quelli veri, sono altro".
"Passarono i mesi, il rapporto - ricostruisce la pr - si rovinò fra noi, Balda temeva che raccontassi tutto per vendetta dei suoi comportamenti che distruggevano la sua e la mia immagine essendole vicina. Non tollerava che io pretendessi che lui si comportasse meglio. Che il suo agire da pazzo comprometteva anche me. Scoppiò la lite, mi arrabbiai. Lui iniziò a parlare male di me a chiunque. Ad ognuno. Alle stesse persone che gli avevo presentato. Gli intimai di non farlo: non smise. Continuò per mesi e mesi. Era ossessionato come ha detto al processo dal pensiero di distruggere la mia credibilità ove mai avessi rivelato quella confidenza". "Quanto squallore. Fino a ieri - confida infine l'imputata - ritenevo che il memoriale fosse falso. Perciò mi sono difesa soltanto negando e omettendo cosa accadde davvero quella notte a Firenze. Quel segreto, la confidenza di un amico, non sarebbe mai stato rivelato, se non avessi ascoltato con le mie orecchie le bugie utilizzate per sgravare una posizione disperata". (AGI)