Roma - Annullare la condanna a 16 anni inflitta ad Alberto Stasi e celebrare un nuovo processo. Queste le richieste del sostituto pg di Cassazione, Oscar Cedrangolo, nell'ambito del processo davanti alla Suprema Corte sull'omicidio di Garlasco. Secondo il magistrato vanno accolti sia il ricorso della procura generale che quello della difesa dell'imputato e, dunque, va annullata con rinvio la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'assise d'appello di Milano il 17 dicembre dello scorso anno, in sede di appello-bis. "E' una questione di scrupolo, di rispetto verso quel grido di dolore lanciato a suo tempo dalla difesa delle parti civili" ha detto Cedrangolo. "Alla luce di cio' che non emerge dalla sentenza impugnata si potrebbe sostenere che vi siano i presupposti per un annullamento senza rinvio, ma come ho apprezzato lo scrupolo di questa Corte nel precedente annullamento, che non se l'e' sentita di dire la parola fine su questa vicenda sofferta e tormentata - ha detto il magistrato - chiedo lo stesso scrupolo oggi, perche' non ho la presunzione di ritenere insussistenti le possibilita' di ulteriori contributi o precisazioni. Sara' la Corte a stabilire se vi siano o meno ulteriori margini". Secondo il pg, "tra tutte le incertezze c'e' una cosa chiara: se l'imputato e' innocente deve essere assolto, se si riesce a dimostrare la colpevolezza allora va inflitta una pena adeguata all'atrocita' del delitto". Cedrangolo, poi, ha aggiunto rivolto alla Corte "non siamo in grado di stabilire se l'imputato e' colpevole o innocente, non abbiamo gli strumenti per farlo. Insieme dobbiamo stabilire se la sentenza impugnata e' da confermare o da annullare: a mio parere e' una sentenza sicuramente da annullare, perche' ha travisato le risultanze processuali".
Nessun movente e' stato individuato, ne' vi sono indizi precisi e concordanti in grado di fare chiarezza sull'omicidio di Garlasco, sottolinea Cedrangolo. Dobbiamo valutare il fatto che vi e' un insistito tentativo di individuare un movente - ha rilevato il magistrato - e questo tentativo e' rivelatore della debolezza dell'impianto accusatorio: gli indizi non sono indizi, non sono affatto certi e nella consapevolezza di questa realta' si cerca un movente che non si riesce a trovare". Il pg individua "illogicita'" e "travisamenti" delle risultanze processuali nella sentenza con cui i giudici milanesi, in sede di appello-bis, hanno condannato Stasi a 16 anni di reclusione. "L'omicida viene definito spietato - ha osservato Cedrangolo - ma poi si esclude l'aggravante della crudelta', proprio per la consapevolezza di un impianto accusatorio fragile. E' il solito 'colpo al cerchio e uno alla botte', ma cosi' non si fa giustizia, si aggiunge solo dolore a dolore, disperazione a disperazione, sentimenti per i quali bisogna avere il massimo rispetto". (AGI)