CdV - Uno dei risultati dell'Anno Santo Straordinario voluto da Francesco dovrebeb essere la fine dell'arroganza di quanti in Vaticano hanno qualche potere verso i loro sottoposti. Lo ha auspicato Francesco nell'omelia letta in San Pietro in occasione del Giubileo della Curia Romana. "Anche nei nostri ambienti di lavoro - ha spiegato Franmcesco a cardinali capi dicastero, vescovi segretari e semplici dipendenti - possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore".
"Ai Pastori - ha aggiunto - anzitutto, viene richiesto di avere come modello Dio stesso che si prende cura del suo gregge, va in cerca della pecora perduta, riconduce all'ovile quella smarrita, fascia quella ferita e cura quella malata". Secondo il Papa, "un comportamento che e' segno dell'amore che non conosce confini", descritto, ha ricordato, nella profezia di Ezechiele che "prende le mosse dalla constatazione delle mancanze dei pastori d'Israele". "Pertanto - ha osservato - fa bene anche a noi, chiamati ad essere Pastori nella Chiesa, lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione". La fedelta' al ministero bene si coniuga con la misericordia di cui vogliamo fare esperienza". "Nella Sacra Scrittura - ricordato Bergoglio - fedelta' e misericordia sono un binomio inseparabile. Dove c'e' l'una, la' si trova anche l'altra, e proprio nella loro reciprocita' e complementarieta' si puo' vedere la presenza stessa del Buon Pastore". (AGI)