“Il panico sul pericolo costituito dalle fake news secondo me è ingiustificato”. Ha esordito così Bill Dutton, docente alla Michigan State University, nel suo intervento in occasione dell’incontro intitolato “Fake news: internet e politica”, organizzato da Google Italia in collaborazione con Quorum e Reti e tenutosi ieri a Roma. Dutton ha illustrato i risultati di una corposa ricerca svolta su un campione di circa 14 mila utenti della Rete in 7 diversi paesi: USA, Germania, Francia, UK, Italia, Spagna e Polonia.
Perché è importante questo tema? Perché se si mette in discussione la validità delle informazioni (a sfondo politico, ma non solo) che si trovano online, il rischio che si paventa è che le moderne tecnologie possano pregiudicare uno dei cardini della democrazia stessa. Sempre di più, infatti, la Rete è una delle principali fonti di informazione di carattere politico, anche se la televisione è ancora la fonte principale, come confermato anche dallo studio di Dutton e dei suoi colleghi:
E proprio a proposito del confronto con la televisione, dalla ricerca emerge un dato interessante: “All’interno dei paesi europei, gli utenti si fidano più delle notizie trovate online in Italia, Spagna e Polonia; mentre in Germania, Francia e Regno Unito si fidano maggiormente della televisione”, afferma Dutton. In media, comunque, nei 7 paesi considerati tutte le principali fonti d’informazione sono ritenute piuttosto affidabili, mentre i social network sono tenuti decisamente in minor considerazione:
Ma non si tratta di un aut-aut: la stragrande maggioranza degli intervistati, infatti, utilizza più di una fonte di informazione; anzi, maggiore è l’interesse per la politica, più si tende a diversificare le proprie fonti di informazione.
I 'social' per combattere l'effetto eco
Lo spauracchio è, in questo caso, il cosiddetto effetto “eco chamber”: ovvero il rischio per cui la tendenza a informarsi solo su quei canali maggiormente in linea con le proprie opinioni (e a relazionarsi sui social solo con i contatti con cui si è già d’accordo) abbia come effetto quello di rafforzare ulteriormente quelle stesse opinioni, rendendosi “impermeabili” a punti di vista differenti. Se il rischio è concreto limitandosi ad un singolo canale (ad esempio, una piattaforma social), l’utilizzo di una pluralità di canali attenua decisamente gli effetti negativi. A ciò si aggiunga che, secondo lo studio, l’80% degli utenti ritrova sui social network delle opinioni differenti dalla propria, e che una quota compresa tra il 70 e l’85 per cento – a seconda del paese – ha cambiato opinione su un argomento almeno una volta grazie a informazioni reperite sul web.
Per contro, solo 2 utenti su 10 hanno affermato di rimuovere dai propri amici (o di aver bloccato, o comunque smesso di seguire) altri utenti per aver postato contenuti offensivi o semplicemente diversi dal proprio punto di vista. E oltre un terzo (il 36%) ha affermato di leggere molto spesso contenuti con cui era in disaccordo.
Ma quanto sono affidabili le notizie trovate online? Questo è un punto fondamentale: si può essere esposti a molte informazioni, senza necessariamente prenderle per oro colato: e infatti molti intervistati hanno affermato di aver dubitato di alcune notizie e di essersi attivati per verificarla offline; solo il 12% sostiene di non averlo mai fatto (e da questo punto di vista, sottolinea la ricerca, gli utenti italiani, spagnoli e polacchi sembrano i più “scettici” o “vigili”).
Per contro, la ricerca di informazioni in Rete regala anche piacevoli sorprese: è molto diffuso l’effetto “serendipity”, ossia il reperimento non intenzionale di informazioni che non si possedevano, senza averle cercate:
In particolare, secondo Dutton, non bisogna preoccuparsi di chi utilizza più fonti d’informazione ed è interessato alla politica. Costoro hanno “anticorpi” più che sufficienti per difendersi contro le fake news. Casomai bisogna preoccuparsi di chi è meno “alfabetizzato” sull’utilizzo del digitale e ha un minor interesse per la politica. Ma, soprattutto, non bisogna dare la colpa a internet o ai social: gli esseri umani hanno sempre sofferto di “confirmation bias”, accogliendo più facilmente quei fatti e quelle opinioni che si sposano più facilmente con le proprie e tendendo a respingere o a rimuovere le idee diverse. “Non è realistico il paradigma per cui la tecnologia è di per sé negativa e ci causa dei danni” ha concluso Dutton.