AGI - Sebbene vengano spesso commercializzati come ecosostenibili, i prodotti e i tessuti a base di plastica biologica non si biodegradano naturalmente nell'oceano. Questo controverso risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Plos One, condotto dagli scienziati dello Scripps Institution of Oceanography, presso l'Università della California a San Diego.
Il team, guidato da Jeanne Royer e Dimitri Deheyn, ha monitorato per la prima volta la capacità dei tessuti naturali, sintetici e misti di dissolversi nelle acque oceaniche. L'inquinamento da plastica rappresenta un grave problema a livello globale, sottolineano gli scienziati, ed è pertanto fondamentale comprendere la portata degli effetti di questa situazione e l'efficacia degli interventi di gestione dell'emergenza ambientale.
Il gruppo di ricerca ha scoperto che i tessuti di cellulosa naturale e a base di legno si biodegradano entro un mese. I tessuti sintetici, invece, come l'acido polilattico (PLA) e alcune miscele tessili, possono restare integri per oltre un anno dalla prima immersione nell'oceano. "Questo lavoro - osserva Royer - mostra la necessità di standardizzare i test per valutare quali materiali considerati compostabili o biodegradabili sono effettivamente tali. Una sostanza soggetta alla degradazione in un ambiente industriale potrebbe infatti non dissolversi in un ambiente naturale". I ricercatori hanno analizzato immagini di discariche formate da montagne di vestiti gettati in Cile e Kenya. Secondo le stime attuali, il 62 per cento dei tessuti, pari a circa 68 milioni di tonnellate, viene realizzato con fibre e miscele di plastica, che possono persistere nell'ambiente per decenni o anche secoli.
Le bioplastiche ottenute da risorse naturali rinnovabili come l'amido di mais o la canna da zucchero sono state commercializzate come una potenziale soluzione al problema della plastica. In questa indagine gli esperti hanno valutato il PLA, considerato biodegradabile e compostabile, dieci diversi tipi di tessuti tra cui la cellulosa a base di legno, miscele di tessuti ottenuti da poliestere e polipropilene. I campioni sono stati collocati in contenitori a flusso continuo dispiegati sia sulla superficie del mare che sul fondo del mare a circa 10 metri di profondità.
I ricercatori hanno esaminato i tessuti ogni sette giorni per un totale di 231 giorni sulla superficie e 196 sul fondo. Al termine del periodo di analisi, i campioni sono stati spostati all'acquario sperimentale di Scripps Oceanography, dove sono stati esposti a condizioni controllate di flusso di acqua di mare. Stando a quanto emerge dall'indagine, i tessuti naturali a base di cellulosa si sono disintegrati in 30-35 giorni, mentre i materiali a base di petrolio biologico sono rimasti integri oltre 428 giorni. Anche dal punto di vista strutturale, riportano gli esperti, le fibre plastiche non si sono assottigliate nel tempo e non hanno mostrato segni di biodegradazione.
"Questo lavoro comparativo - commenta Deheyn - evidenzia quanto sia deviante il linguaggio legato al mondo della plastica e del suo commercio. Le bioplastiche come il PLA in realtà non sono affatto 'bio' e non vengono smaltite facilmente nell'ambiente. Speriamo che questi dati rendano i consumatori più consapevoli nelle proprie scelte di acquisto. Sarebbe opportuno promuovere l'utilizzo di materiali di alta qualità a base di cellulosa, come cotone o lana, oppure lo scambio e il riutilizzo di prodotti usati".