Bisogna girare davvero l’Italia per capire cosa c‘è dentro le statistiche che parlano di un paese finalmente fuori dalla crisi. Ieri ero a Firenze alla convention di Var Group (con cui AGI ha stipulato un contratto di collaborazione). E’ un gruppo piuttosto grande (oltre mille dipendenti e 240 milioni di fatturato che cresce a doppia cifra nel 2017). Ha 33 sedi ma il quartier generale è ad Empoli dove venne fondato 40 anni con la missione che ha ancora oggi: aiutare le aziende tradizionali a diventare digitali utilizzando le tecnologie di colossi come HP e Cisco, Microsoft e Oracle per citare i partner più noti. Fermatevi un istante su questo concetto perché da qui passa la speranza dell’Italia di tornare a crescere e a restare nel club delle grandi economie mondiali. Per anni abbiamo vissuto nell’equivoco che il digitale fosse il mondo dei siti web e che occuparsi di digitale volesse dire farsi un sito. Poi l’equivoco si è trasferito sulle app: mi faccio una app è diventato il mantra di tanti imprenditori che volevano sentirsi innovatori. E invece il digitale non è un settore a parte dell’economia, una nicchia per smanettoni, ma una leva per cambiare interi settori dell’industria e dei servizi. Pensate a come è cambiato il mondo della fotografia da quando scattiamo le foto con gli smartphone, o il turismo da quando abbiamo le offerte di AirBnb. Pensateci e capirete che nessuno è escluso da questa rivoluzione. Ieri a Firenze ho visto che anche l’Italia si è finalmente messa in moto. Sul palco di un cinema di periferia si sono alternate le storie di una decina di aziende medio piccole e di grande qualità, ossia il paradigma del made in Italy di successo che ha sofferto la crisi ma che è pronto a ripartire. C’era chi fa biscotti e chi neve artificiale, chi vino e chi cartone ondulato, chi nastri adesivi e chi centri commerciali. E tutti avevano appena avviato percorsi di digital transformation, di trasformazione digitale, dei processi o dei prodotti per renderli più efficienti e restare competitivi sui mercati senza tradire quella qualità italiana che è il nostro segno distintivo nel mondo. Innovare costa, certo, e in tempi di crisi i soldi per gli investimenti mancano sempre, ma in questo caso non costa neanche tanto: gli incentivi previsti dal piano Italia 4.0 del ministro Calenda sono tanti e tanto richiesti, e le imprese che hanno scelto questa strada crescono, alcune addirittura volano. E’ una lezione per molti, una buona notizia per tutti.