L’amazzonia non è solo il polmone verde del mondo, ma anche la insostituibile sorgente del più grande fiume di acqua dolce che esista sul nostro pianeta, che non è il Rio delle Amazzoni ma un fiume volante, grande fino a 10 volte il più famoso gemello terrestre.
Questo fiume scoperto e studiato negli ultimi 5 anni, è cosi grande che si vede anche dallo spazio e per studiarlo è stata costruita proprio al centro della foresta amazzonica una altissima torre che permette ai ricercatori di immergersi letteralmente in questo fiume volante.
Il vero pericolo degli incendi amazzonici è l’interruzione di questo incredibile fiume di vapore acqueo, aspirato dalle radici degli alberi e diffuso dalle loro foglie nella atmosfera, sino a formare una continua e incredibile massa nuvolosa visibile anche dallo spazio.
Questo “Flying river”, o “fiume volante” ha una incredibile importanza per il ciclo dell’ossigeno sul nostro piccolo pianeta. Un respiro su due che facciamo, ci è gentilmente offerto dalle “Diatomee”, dei piccolissimi organismi marini che fanno parte del Plancton, secondo alcuni scienziati producono dal 50 all’85% dell’Ossigeno sul nostro pianeta e sono cosi numerose da essere visibili nei mari e negli Oceani dalla base spaziale internazionale.
Il nostro è un piccolo pianeta, molto più interconnesso di quanto siamo soliti pensare.
Recenti scoperte di botanici e geologi hanno dimostrato che ogni anno milioni di tonnellate di sabbia finiscono dai deserti Africani proprio in Amazzonia e ricadendo al suolo la fertilizzano grazie alla presenza proprio dei minuscoli scheletri delle diatomee ricchissimi di Fosforo, Azoto e Potassio.
Quindi il deserto più arido, fertilizza la foresta più lussureggiante del pianeta, che possiamo dire, in cambio e grazie a fotosintesi e respirazione fogliare, immette nella atmosfera incredibili quantità di vapore acqueo che si riuniscono in immensi fiumi volanti fino a ricadere a terra sotto forma di piogge torrenziali, una volta incontrata la Cordigliera delle Ande.
Queste piogge a loro volta trasportano negli oceani milioni di tonnellate di fango, sedimenti e fertilizzanti naturali, di cui si nutrono le diatomee e il ciclo ricomincia.
Tagliare alberi in Amazzonia quindi è un danno immenso per tutto il pianeta ma soprattutto per il Brasile stesso che secondo moltissimi ricercatori è e sarà soggetto a sempre maggiori periodi di siccità, proprio a causa del disboscamento stesso.
Capire i complessi e interconnessi fenomeni del clima mondiale, necessità sempre più di un approccio multidisciplinare, climatologi, biologi, botanici, fisici, chimici, ingegneri e informatici devono riuscire collaborare per elaborare modelli sempre più precisi che ci permettano di intervenire con precisione e di convincere anche gli scettici attraverso solide prove scientifiche.
Gli alberi e le piante si stanno rivelando sempre più la chiave per salvare la nostra specie su questo pianeta, piantare alberi è ancora la soluzione migliore, a più basso costo e maggiori effetti per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e rendere le nostre città più resilienti.
Incendiare gli alberi per fare posto a pascoli e coltivazioni è un atto estremamente stupido che equivale a bucare un acquedotto o soffocare il nostro futuro ed i nostri figli.