La Messa di Santa Marta del 6 aprile 2020 - Lunedì santo in epoca di Covid19 - è dedicata da Papa Francesco al grave problema del sovraffollamento delle carceri: "in epoca di pandemia, dove c'è sovraffollamento, si rischia che finisca in una calamità grave", dice.
Bergoglio non pensa solo all'Italia; dice che quello del sovraffollamento è un problema che riguarda parecchie parti del mondo. Non chiede alcuna rivoluzione, non usa formule tanto semplificanti quanto irritanti. Chiede solo di "pregare per i responsabili, per coloro che debbono prendere le decisioni, perché trovino una strada giusta e creativa per risolvere il problema".
I carcerati sono la categoria alla quale nessuno vuole pensare in questa emergenza coronavirus. Quanti sono i personaggi grandi e piccoli che hanno sborsato somme di denaro, anche grosse, per gli ospedali dei quali tutti sentiamo parlare? Somme ingenti, somme giuste, somme doverose. Ma chi dà denaro per evitare i contagi negli istituti di pena, o per aiutare i tantissimi detenuti poveri che senza colloqui con le famiglie non hanno le risorse per affrontare la loro vita quotidiana in carcere? Eppure basterebbe riflettere un attimo per comprendere di quale grande necessità stiamo parlando. Cosa avviene in un istituto di pena quando arriva l'influenza? Che la prendono immediatamente tutti. Celle da sei con promiscuità assoluta, impossibilità radicale di tutte quelle misure prudenziali cui il governo obbliga, giustamente, noi cittadini liberi.
I responsabili cui pensa il Sommo Pontefice, quelli che devono prendere le decisioni, sono i politici. In Italia avviene che i dirigenti degli istitui carcerari pongono le premesse perché vengano attuale quelle misure alternative di custodia carceraria che poi dovrebbero essere applicate dai magistrati di sorveglianza: ma sia i primi che i secondi debbono attenersi alle leggi. In epoca di pandemia è necessaria che intervenga la politica e determini norme legislative ad hoc, coerenti con le attuali circostanze di emergenza sanitaria.
Non si tratta di percorrere la strada dell'utopia ma di sforzarsi di proporre soluzioni sagge che abbiano il coraggio di voler costruire. Il Papa è, tra tutte, la voce più autorevole che ricorda l'esistenza di un problema che qualche settimana fa, non dimentichiamolo, era assunto all'onore delle cronache per episodi di rivolta con conseguenze anche tragiche.
Non si tratta di terrorizzare la società civile a colpi di slogan che incitino a "svuotare le carceri": si tratta di portare a compimento un iter non banale. Ci vorrebbe un intervento del legislatore per rendere obbligatorio ciò che gli attuali regolamenti considerano solo opzionale. Perché l'emergenza nella quale si trova il Paese è vera e riguarda tutti: anche i dimenticati da tutti. Anche i carcerati.