Ieri sera sono stato davvero male, male come può sentirsi male un prete che vede vanificare i propri sforzi. Il condominio di via Satta che ha urlato "ti stupro", "tutti impiccati", alla famiglia rom che voleva prendere legittimo possesso della casa che le aveva assegnato il Comune, è a pochi decine di metri da me, cioè da quella mia parrocchia che è anche la loro parrocchia. Senti dalle persone e poi dal TG una cosa del genere e pensi di aver fallito.
Non ero presente nel momento del massimo disagio, quello delle urla e della Polizia che deve scortare i poveretti, ma poi ho sentito i racconti e palpato la tensione. Conosco ovviamente qualcuna della famiglie che abitano lì e mi hanno trasmesso la paura, il chiudersi in casa, il rendersi conto che per entrare a casa tua devi prima passare i controlli come se fossi a Fiumicino a prendere l'aereo.
Ormai da anni anche in Italia il lavoro del prete non è più solo quello di distribuire Sacramenti: dire Messa, confessare, celebrare funerali, battesimi e matrimoni rimane, ovviamente, un compito essenziale che solo il sacerdote può esplicare, ma non è l'unico né quello che prende più tempo.
Da bambino sentivo raccontare dai missionari che nell'Africa dei villaggi, prima di insegnare l'Ave Maria, bisognava scavare il pozzo dell'acqua, così la gente smetteva di morire di sete, poteva curare l'igiene e la salute e scoprire così che quel Dio buono di cui il prete bianco parlava, esisteva davvero e si prendeva sul serio cura di loro.
Chi ascolta don Maurizio Patriciello, il prete della Terra dei Fuochi, si sente dire che quando divenne parroco di Caivano cominciò a ricevere richieste di tutti i tipi: dai medicinali, ai collegamenti dell'acqua, del gas e dell'elettricità, scoprendo così che la gente si rivolgeva a lui non perché fosse qualcuno ma perché non c'era nessuno. Nessun'altra alternativa, soprattutto nessuno Stato.
A Casalbruciato elettricità, gas e acqua ci sono, ma c'è anche chi alimenta l'odio. Dopo il primo spavento mi sono un po' rasserenato. Non sono i miei parrocchiani quelli che urlano "ti stupro". La gente del quartiere, ce ne saranno di tutti i tipi, certo, ma io penso al giro di quelli che conosco, è gente buona, che sa cosa vuole dire soffrire e rimanere senza casa, perché era toccato a loro e alle loro famiglie solo poche decine d'anni fa.
Purtroppo però esiste quello che chiamano "il tam il tam". Qualcuno si accorge che sta arrivando una famiglia d'indesiderati (era già avvenuto agli inizi di aprile per via Facchinetti, anch'essa dietro l'angolo) e allora manda un sms, un whatsapp, a chi dice lui: non alla polizia, ma a qualche testa calda dei gruppetti politici di cui si parla tanto in questi giorni
Se in Africa bisognava combattere il problema della sete, nelle periferie romane bisogna combattere il problema della paura e di chi la alimenta. Quando non c'è lavoro, c'è fatica, la paura cresce. Ma chi la alimenta e la gonfia, soprattutto se politico sedicente, è un delinquente che spera di ottenere, dalla paura, voti, visibilità, clamori. Non conosco persone qualsiasi, normali, che urlerebbero "ti stupro" a nessuno.
Chi vive la vita quotidiana sa che nessun problema si può risolvere se lo si esaspera. In Italia c'è bisogno della pace, della pace sociale, più di quanto ci sia bisogno in terra di missione di acqua e medicine. Ma un prete da solo non ce la può fare. Bisogna eleggere politici che vogliano sminare terreni e non lucrare sulle ferite e le disperazioni della povera gente.