Negli ultimi anni sono apparsi diversi libri di critica al predominio della Silicon Valley e alla sua ideologia. Dal 2017 in poi si è assistito al fenomeno che l’Economist ha per primo chiamato ‘techlash’, termine difficile da tradurre ma che ha rappresentato (e per certi versi rappresenta tuttora) un momento di risacca dopo l’entusiasmo dilagante per le nuove tecnologie e la loro promessa di rendere il mondo un posto migliore. Ma alla pars destruens della critica della valle del silicio non si è mai affiancata una vera alternativa. Un pensiero positivo.
Due intellettuali tedeschi, il filosofo Julian Nida-Rumelin e Nathalie Weidenfeld, ci hanno provato con Umanesimo Digitale (tradotto in Italia da Franco Angeli, 2019, 18,00 euro). Nida Rumelin è uno dei più noti intellettuali tedeschi, già ministro della Cultura con Schroder e oggi ordinario di Filosofia a Monaco; Weidenfeld è una studiosa di cinema, e il suo contributo dà al volume un’originale chiava di lettura cinematografica ai temi dell’innovazione.
Nel volume vengono analizzate alcune delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, l’apprendimento delle macchine o strumenti come i social network, cercando ogni volta di tracciare un confine che distingua nettamente le macchine, e le loro capacità, dall’uomo e dalle sue proprietà. Perché, argomentano gli autori attraverso esempi immediati e di facile comprensione, una differenza tra uomo e tecnologie prodotte dall’uomo c’è.
Gli autori contrappongono al "dominio dell’ideologia materialistica", in base alla quale l’uomo non è altro che un computer assai complesso e che prima o poi lo sviluppo tecnico assottiglierà fino ad annullare ogni differenza tra uomo e macchina, quello che chiamano ‘l’Umanesimo digitale’: recuperare la centralità dell’essere umano rispetto alle macchine perché nulla lascia intendere né potrà fare in modo che le macchine abbiano percezioni o emozioni, che possano riuscire nei nostri stessi processi cognitivi o emotivi.
L’umanesimo digitale di Nida-Rumelin e Widenfeld è un esercizio per imparare a mantenere le giuste proporzioni. Per non farsi schiacciare dall’idea che la tecnica governerà tutto, e che sia inevitabile.
L’umanesimo digitale, per dirla con le parole degli autori “sottolinea l’immutabilità che riguarda numerosi tratti della natura umana e le condizioni di uno sviluppo umano”. Il come lo si scopre di tecnologia e tecnologia leggendo il libro, cominciando a farsi domane, imparando a fare quelle giuste; il vero scopo del pensiero filosofico. E capire col Teeteto di Platone il problema delle fake news, o con Blade Runner quello della coscienza dei robot.