(AGI) - CdV, 24 apr. - Don Angelo Giuseppe Roncalli, poidivenuto Giovanni XXIII, "e' stato un prete all'antica,abbarbicato nel terreno solido della rivelazione cristiana, chediede tono e slancio al suo servizio. Egli volle essere ilprete segnato a fuoco dalla familiarita' con Cristo, e dinull'altro preoccupato se non del nome, del regno e dellavolonta' di Dio". Lo scrive il cardinale Loris Capovilla nellaprefazione del volume "Papa Giovanni: il santo" firmato dalnipote e biografo di Giovanni XXIII Marco Roncalli per leedizioni San Paolo. "Lungo tutto l'arco della sua esistenza - assicura il neocardinale - Angelo Giuseppe Roncalli rimase lo stesso pretedella giovinezza, con quella sua caratteristica e mai smentitacoerenza di pensiero e di azione, che trova preciso riscontroin ogni variazione di ministero e di ufficio, pur nei limiti,coi difetti e le carenze di natura, di ambiente e di momentostorico in cui dovette operare". Sull'Osservatore Romano, che pubblica uno Speciale suellacanonizzazioni del 27 aprile, Capovilla descrive il "suo" Papa:"due occhi e un sorriso, "come apparve ai romani e al mondo" il28 ottobre 1958, sulla loggia centrale di San Pietro. Lui, che"dai viottoli polverosi di Sotto il Monte approdo' alle rivedel Tevere", e che coloro che lo incontrarono rimanevanoconquistati "dal suo aspetto di giovane intelligente,riservato, tranquillo". "Siamo debitori anche a Giovanni XXIIIse - scrive il cardinale Capovilla - nel trambusto di vicendecalamitose teniamo sollevata sopra le nostre teste la lampadadella speranza". Dobbiamo a Giovanni XXIII "se ci e' consentito presagire lariconciliazione delle genti e operare con decisione perch?vengano riconosciuti e tutelati i diritti inalienabili dellapersona; se abbiamo appreso a leggere piu' attentamente i segnidei tempi". Inoltre, continua il cardinale Capovilla "dobbiamoanche a lui il dono di camminare con la Chiesa non sconsolati,quasi di fronte a una stele funeraria, n? solo abbagliatidinanzi ai prodigi seducenti della scienza e della tecnica, nonessendo semplicemente cultori di benessere comunque ottenuto".In un'intervista al settimanale "A Sua Immagine" Capovillachiede infine di non chiamare piu' Roncalli il "Papa buono"."Sono 50 anni - confida - che combatto contro questadefinizione. Viene usata dai media in modo improprio, quasi permettere Giovanni XXIII in contrapposizione con chi lo haseguito e preceduto: Paolo VI e Pio XII, che non erano micaPapi cattivi". Capovilla contesta cioe' una certa pubblicisticache accredita Angelo Giuseppe Roncalli semplicemente come il"Papa buono", una definizione nata in un contesto preciso: unquartiere della periferia Sud di Roma. "Attenzione: la bonta' - ammonisce Capovilla, che haricevuto la porpora lo scorso febbraio a 98 anni- e' una virtu'obbligatoria per essere cristiani, come la prudenza, latemperanza, la fortezza... Non e' che possiamo consolarcidicendo che c'e' stato un Papa buono, e noi possiamo fare comeci pare. In realta' si pensa che la bonta' non sia da imitare,magari si osanna uno perche' e' buono, ma ci guardiamo bene dalseguirne l'esempio. Io sono veneziano e a Venezia si dice chie' tre volte buono e' macaco. Invece quello di essere buoni e'un modo di vivere proprio di chi vuole essere cristiano. Ilmessaggio di Papa Francesco e' molto chiaro: la buona creanzae' una virtu' irrinunciabile se vuoi seguire il Vangelo. Loabbiamo capito o no?". La qualifica di "Papa buono" ad Angelo Giuseppe Roncalli,ricorda il suo segretario nell'intervista, "non e' stata lastampa a tributarla, ne' i potenti. E' stato il popolo romano,i semplici, gli operai. Era il 7 marzo 1963. Era prevista unavisita nella parrocchia di San Tarcisio al Quarto Miglio, maeravamo in piena campagna elettorale. E i parrocchiani, con ilconsenso dei responsabili i dei partiti in lizza, decisero dicoprire tutti i manifesti propagandistici con teli bianchi e lascritta: "Evviva il Papa buono". - "E' accaduto - sottolinea ilcardinale Capovilla - che quando il Papa visito' la parrocchiadi San Tarcisio l'aggettivo gli rimase appiccicato". "E io -confida - sono grato al popolo romano per la sua spontaneita' el'amore che aveva verso Papa Giovanni. Questo amore lo vedemmoquando poi seppero che era malato, allora si riversarono inpiazza San Pietro per pregare per lui. Come facevano anchenelle loro case. In ginocchio, commossi perche' sapevano chestava male e lo avrebbero perso. Io piango, mi commuovo, ognivolta che penso alla bonta' del popolo romano verso il Papa"."Ma i giornali, soprattutto quellidi destra - ricorda Capovilla- usavano questa parola in realta' per mortificare il suopontificato, che invece, lo sappiamo, e' stato molto importanteper la Chiesa e per il mondo, per il Concilio, per la causadella pace. E anche per il suo stile. Papa Francesco, nel suomodo, ha una capacita' di vicinanza alle persone che ricordaquella di Roncalli". (AGI).