Lo ius soli, da settimane spina nel fianco del governo, che ancora non si è espresso sull'ipotesi di porre la questione di fiducia, rischia di mettere in crisi la vita stessa della maggioranza e dell'esecutivo. Il vero nodo, infatti, sono i numeri. Numeri che al Senato, allo stato attuale, non sono garantiti, con Alternativa popolare pronta a sfilarsi qualora il Pd decidesse di forzare la mano, andare avanti e chiedere al governo di metterci la faccia.
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Insomma, il terreno è più che scivoloso. Tanto più dopo che il ministro centrista Enrico Costa ha annunciato di essere pronto alle dimissioni. Nel Pd il quadro è ben chiaro. E il timore di restare con il cerino in mano porta a più miti consigli. Tanto che il responsabile comunicazione Matteo Richetti frena sulla accelerazione impressa fino a qualche ora fa e chiarisce, tentando di gettare acqua sul fuoco delle polemiche interne alla maggioranza, che non ci sarà alcun incidente nè forzatura: sullo Ius soli "il Pd seguirà l'indicazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Noi vogliamo lo Ius soli e siamo pronti ad andare fino in fondo" ma solo se avrà "numeri certi" in entrambi i rami del Parlamento".
Avanti, ma solo con numeri certi
L'esponente Pd non nega che "le prossime ore saranno decisive e si deciderà". Anche se "il Pd non vuole nè intende creare inciampi e ostacoli al governo". Parole che vengono accolte positivamente da Ap, anche se la richiesta-avvertimento di non spingere sull'acceleratore resta: "Si vada avanti solo se si hanno numeri certi in entrambi i rami del Parlamento e non si creino problemi al Governo", affermano i due capigruppo centristi, Lupi e Bianconi, che precisano: "Il Pd è ovviamente libero di indicare le sue priorità e di portarle al dibattimento in Aula, ma su questo provvedimento non è impegnato il Governo, quindi non lo si metta in mezzo con inopportune e divisive richieste di fiducia".
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Dal governo nessuna presa di posizione ufficiale, ma resta - assicurano fonti parlamentari - l'impegno dell'esecutivo verso una legge che viene ritenuta giusta e necessaria. Fatto sta che la fiducia non è stata ancora autorizzata dal Cdm e ieri la tradizionale riunione del venerdì non si è tenuta. Dunque, di fatto, sebbene dal Pd continuino a ripetere che lo Ius soli sarà approvato prima della pausa estiva, i tempi si allungano. Anche per questioni puramente 'tecniche' del calendario: al Senato c'è il decreto vaccini ancora da approvare - il via libera è atteso la prossima settimana - poi c'è il decreto Mezzogiorno e ancora il decreto Banche venete, approvato dalla Camera con voto di fiducia. Non solo: grazie a un blitz in Aula delle opposizioni, la maggioranza è andata sotto nelle votazioni sui lavori dell'Assemblea e così il ddl sul distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia sarà esaminato prima dello ius soli. Che sparisce dall'ordine del giorno dei lavori della prossima settimana e non se ne riparlerà prima del 25 luglio.
Dubbi sull'ipotesi fiducia
Insomma, nello stesso Pd c'è già chi dà per scontato il rinvio a settembre. L'ipotesi fiducia, però, non è tramontata del tutto. Anche se resterebbe da risolvere una questione meno politica e più tecnica: ovvero, se il governo dovesse decidere di porre la fiducia, l'unica strada per l'ok definitivo senza ripassare per la Camera è di porre quattro diverse fiducie. La situazione si fa ingarbugliata. Luigi Zanda garantisce: "Il governo non rischia la crisi sullo Ius soli nè su altri provvedimenti".
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Al di là dei problemi interni alla maggioranza, sul provvedimento incombe anche l'ostruzionismo delle opposizioni, con il centrodestra pronto alle barricate e il Movimento 5 Stelle contrario alla legge. La presidente di FdI, Giorgia Meloni, chiama in causa direttamente il Colle: "Credo che debba intervenire il Presidente della Repubblica perchè è scandaloso che un governo non scelto da nessuno faccia in chiusura di legislatura, senza che fosse nel programma e col voto di fiducia una cosa che incide cosi pesantemente sulla vita degli italiani".