La frontiera - ormai per la verità un po' consumata - dell'ecommerce è il confronto tra i prezzi. Basta cercare un prodotto qualunque su un motore di ricerca specializzato e si scopre che ce ne sono alcuni che lanciano offerte veramente imbattibili, quasi sempre del 20-30% inferiori alle altre. I beni elettronici sono forse i più soggetti a queste differenze, eppure nella dinamica di creazione di un prezzo, come ha ricostruito Tom's Hardware, la metodologia dovrebbe essere abbastanza semplice: al costo di acquisto che viene praticato dal fornitore vanno aggiunti il ricavo e poi l’iva, una tassa obbligatoria.
Di cosa si compone lo sconto online
Ci sono chiaramente altri fattori che portano gli shop online a offrire merci a prezzi differenti. Oltre alla percentuale di ricavo, un prezzo può essere migliore o peggiore perché, per esempio, il venditore gode di uno sconto migliore da parte del fornitore, perché ha spese di gestione più basse o perché acquista più merce. Tutti questi parametri possono però cambiare il prezzo finale di pochi euro, di certo non ci sono sbalzi del 20-30 percento, come invece accade nella realtà quando si confrontano più negozi con un motore di ricerca prezzi.
Come funziona l'evasione dell'Iva
Cosa contribuisce quindi a questa differenza? Escludendo le offerte o i sottocosto, che sono comunque legiferate, il meccanismo principale che permette ad alcuni venditori di offrire lo stesso prodotto a un prezzo inferiore del 20% o più è basato sull’acquisto all’estero e l’evasione dell’Iva.
Il venditore acquista la merce all’estero (scelta che già gli permette di vendere a un costo più basso poiché in alcune nazioni le merci costano meno, non solo oltreoceano, ma anche in Germania, per esempio, ci sono discrepanze molto elevate) e poi la vendono in Italia, senza dichiarare l’IVA. Abbinare un acquisto a prezzo inferiore a un mancato pagamento di una tassa permette di vendere i prodotti a prezzi stracciati. Spesso questo tipo di comportamento si manifesta usando una “società fantasma”, detta anche cartiera (cioè su carta) che s’interpone tra chi acquista (il venditore italiano) e chi vende (il fornitore di beni estero).
Perché l'evasione di Stockisti non c'entra niente con Google, Amazon e Apple
In Italia le denunce per evasione fiscale nel settore dell'ecommerce coinvolgono anche i tre colossi Usa: Amazon, Google e Apple, anche se in questi casi le contestazioni non riguardano il mancato pagamento dell'Iva, ma un'omessa dichiarazione dei redditi, cioé un contenzioso sul pagamento dell'Ires, l'imposta sul reddito delle imprese.
Più nel dettaglio a Amazon, nell'aprile 2017, la Guardia di Finanza ha contestato una presunta evasione fiscale per circa 130 milioni di euro per il quinquennio fino al 2014. A Google, invece nel gennaio 2016, è stato consegnato un verbale di accertamento con la contestazione di un'evasione da 300 milioni di euro per cinque annualità, tra il 2008 e il 2013. Apple infine ha adottato una strategia collaborativa e ha versato 318 milioni di euro al fisco italiano per chiudere la partita su un'omessa dichiarazione dei redditi, dal 2008 fino al 2013, per circa 880 milioni di euro di Ires evasa.