Vitality, Innovation, Technology, Ability. In un unico concetto: VITA. “Non è una parola che conosciamo e capiamo solo in Italia. È riconosciuta a livello internazionale e per me dice tutto”. Questo è il nome che l’astronauta Paolo Nespoli, classe 1957, ha scelto per la sua terza missione sulla Stazione Spaziale Internazionale. A quasi 10 anni dalla prima. Una missione che ha un logo speciale, disegnato dall’artista piemontese Michelangelo Pistoletto.
L’incidente e il ritardo
La data di partenza della missione era già fissata: 29 maggio. Ma, a causa di un incidente, Nespoli non partirà prima dell’inizio dell’estate. “A dicembre c’è stato un problema grosso: l'esplosione di un veicolo di rifornimento russo che è simile a quello che useremo noi. Per cui, secondo le procedure, dobbiamo fermarci un attimo e attendere per capire cos’è successo”. Il prossimo step è un nuovo test, che verrà fatto ad aprile. Solo allora si potrà capire se il problema è stato superato. "Anche la durata della missione potrebbe variare. Dipende da cosa succederà una volta che saremo lì. Dai sei agli otto mesi".
Vita da Astronauta
Il lavoro dell’astronauta, secondo Nespoli, si suddivide in più mansioni: “Siamo l’elettricista, l’idrauilico, l’operatore della macchinetta, lo scaricatore di porto spaziale. Cerchiamo di ottenere il meglio da ogni singolo esperimento”. Durante la missione VITA, Nespoli ha un solo obiettivo: “Essere il miglior astronauta possibile e gestire il tempo al meglio”.
La giornata, all’interno della Stazione Spaziale Internazionale, è ben definita: “Il lavoro inizia alle 7 e mezza della mattina e termina alle 8 e mezza della sera”. Questo è il lasso di tempo in cui la NASA, da Houston, cerca di incasellare tutte le attività. “Nel weekend, invece, si lavora solo mezza giornata”. Alle 10 di ogni sera l’astronauta dovrebbe andare a letto per puntare la sveglia alle 6 e mezzo, lavarsi e prepararsi. “Dentro questa giornata ci sono gli spazi personali che ognuno cerca di coltivare come meglio crede”.
Come è nata VITA
“La prima cosa da dire è che la Stazione Spaziale Internazionale ha una vita propria. Tutte le attività a bordo sono selezionate da commissioni scientifiche che valutano la bontà degli esperimenti proposti. Anche la nostra missione si inserisce in questo sistema. È una missione standard se possiamo chiamarla così”. È lo stesso Nespoli a spiegare l’iter che porta alla scelta: “Prima di tutto bisogna dimostrare che gli esperimenti possono essere fatti solo lì e non sulla Terra; poi si deve essere molto chiari nel dire quali saranno i vantaggi che porteranno. Ultimo, non meno importante, iniziare la loro “spazializzazione”. Ovvero elaborare i modi tramite cui farli funzionare in orbita".
Marte farà cooperare USA e Russia
L’importanza della Stazione Spaziale Internazionale sta nel fatto che nasce e si sviluppa nella cooperazione di più agenzie spaziali: “L’unico progetto in cui USA e Russia collaborano per davvero mettendo da parte ogni dissidio. Lassù aparlano davvero”. E non è un fatto da poco se si considera che i compagni di avventura di Nespoli saranno Sergey Ryazanskiy, russo, e Randy Bresnik, statunitense. Ma questo è lo spirito che, secondo l’astronauta, ci porterà uniti su Marte: “Quando ci arriveremo pianteremo la bandiera “umana” e non quella di un particolare paese”.
Il ruolo dell’Italia
“Gli italiani hanno un problema: non sono costanti ma hanno picchi altissimi di genialità”. Nespoli ricorda come il nostro paese abbia costruito la prima struttura del laboratorio portato nella stiva dello shuttle. Ma, soprattutto, a differenza di altre nazioni europee, ha beneficiato di un accordo con la NASA siglato negli anni ’90: “Un accordo che per noi è stato decisivo. Abbiamo avuto la possibilità di portare astronauti ed esperimenti in orbita. Ben 3 voli sullo shuttle per contribuire alla sua costruzione e tre di lunga durata:” Quelli di Parmitano, Cristoforetti e, per l’appunto, di Nespoli. “Quell’accordo è nettamente squilibrato per i benefici che abbiamo avuto. Alla NASA, credetemi, rode un po’ il fegato. E anche alle altre nazioni europee…”
Il rapporto con Argotec
Nespoli è ospite di Argotec, l’azienda aerospaziale di Torino che da diversi anni collabora con l’agenzia spaziale italiana e con quella europea, per l’addestramento degli astronauti e lo sviluppo di strumenti per migliorare la nostra vita, e con la NASA, per lo sviluppo di piccoli satelliti, chiamati Argomoon. “Paolo Nespoli, nel 2011, è stato il primo astronauta a entrare dentro il nostro programma” ricorda l’amministratore delegato David Avino. “Era appena tornato dalla seconda missione, per noi fu un piacere e un onore”. Argotec, dove l’età media degli assunti non supera i 29 anni, porterà nella Stazione Spaziale alcune tecnologie interamente fatte in Italia: dallo Space Food divenuto famoso grazie a Samatha Cristoforetti, alle “heat pipe” del progetto ARTE. Fino ad arrivare a macchina ISSpresso, costruita insieme a Lavazza, per bere il caffé espresso, con una cannuccia, in orbita.
Perché andare sulla Stazione Spaziale
“Andiamo nella ISS per fare delle cose che non potremmo fare qui”. Tutti gli esperimenti che verranno portati avanti, durante la missione, serviranno per migliorare la vita sulla Terra. Ma c’è di più. La spinta che ci porta a portarli avanti, secondo Nespoli, si chiama “esplorazione”: “È quella forza che non ci permette di stare tranquilli fino a che non conosciamo bene tutto quello che abbiamo intorno. Qui e nello spazio”.