In un post su Facebook dello scorso 8 luglio Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ha invitato il governo a ripristinare “il decreto flussi con cui lo Stato stabilisce il numero di immigrati che possono entrare legalmente sul nostro territorio per lavorare. I governi Pd hanno azzerato queste quote perché erano tutte coperte da chi è arrivato illegalmente”.
Il decreto flussi
Vediamo innanzitutto cosa si intende con “decreto flussi”. Si tratta del decreto concernente la programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari stagionali, non stagionali e autonomi.
Per quanto riguarda i lavoratori stagionali, Meloni ha torto. Nel 2017 sono stati previsti ingressi per circa 17 mila lavoratori di questo tipo, nel 2016 e nel 2015 13 mila, nel 2014 15 mila, nel 2013 30 mila.
Tuttavia non sembrano tanto essere questi i lavoratori interessati dalla polemica, in quanto la loro permanenza sul territorio dovrebbe teoricamente essere appunto “stagionale” e momentanea, quanto quelli non stagionali, autonomi o subordinati.
In particolare, per quanto riguarda “l’azzeramento delle quote”, la Meloni sembra fare riferimento ai lavoratori subordinati, in quanto gli autonomi – piccoli imprenditori, professionisti etc. – hanno continuato ad avere delle quote, seppur piccole.
I lavoratori non stagionali
Guardando ai lavoratori subordinati si può dire che Giorgia Meloni abbia in sostanza ragione. Nel decreto flussi 2017 su 30.850 quote totali previste dal governo Gentiloni, 17 mila sono destinate agli stagionali, le restanti sono destinate alle conversioni in permessi di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo per coloro che sono già sul territorio nazionale con permessi di soggiorno ad altro titolo. Non sono previste quote invece per lavoratori non stagionali che non fossero già presenti sul territorio nazionale.
Nel 2016 il decreto flussi del governo Renzi prevedeva circa 30 mila quote. In particolare, venivano autorizzati appena 3.600 ingressi di lavoratori non stagionali (di cui la maggior parte per piccoli imprenditori e studenti e solo 100 per subordinati, e che avessero origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado di linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile), a fronte di 14.250 conversioni di permessi di soggiorno e a 13.000 ingressi per lavoratori stagionali.
Nel 2015 il totale degli ingressi di lavoratori non stagionali provenienti dall’estero era stato fissato a 5.500 (nuovamente, appena 100 i subordinati e solo sudamericani di origine italiana). Poco più che nel 2016, a fronte comunque di 12.350 posti riservati alle conversioni (13 mila gli stagionali).
Nel 2014 erano previsti 3.500 ingressi di lavoratori non stagionali (ancora, solo 100 subordinati e solo se sudamericani con ascendenza italiana) e 12.350 conversioni (15 mila gli stagionali).
Nel 2013, primo governo Pd con premier Letta, erano previste 5.600 quote per lavoratori non stagionali (anche qui solo 100 per lavoratori subordinati e solo per quelli residenti in Sud America con ascendenze italiane) e 12.250 per le conversioni (30 mila gli stagionali).
Dunque, coi governi Pd sono stati concessi pochi posti in generale ai lavoratori non stagionali che non fossero già titolari di un permesso, e nessuno ai lavoratori subordinati che non appartenessero a specifiche categorie.
Com’era la situazione in precedenza?
Giorgia Meloni sembra sottintendere che prima dei governi Pd la situazione dei decreti flussi fosse radicalmente diversa, di qui il termine “azzeramento”.
In realtà il governo di cui Meloni aveva fatto parte, in qualità di Ministro della Gioventù, tra il 2008 e il 2011 aveva a sua volta azzerato le quote per i lavoratori non stagionali per due anni, nel 2009 e nel 2010.
Nel 2008 aveva però destinato 150 mila quote ai lavoratori non stagionali e nel 2011 quasi 100 mila.
La correlazione con gli sbarchi
Meloni sostiene poi che le quote che sono state azzerate siano coperte dall’eccezionale ondata di sbarchi. Il nesso di causa è difficilmente dimostrabile, in quanto dipenderebbe da una scelta politica del governo che non è stata esplicitata in documenti ufficiali.
L’azzeramento del 2009/2010 era ad esempio del tutto slegato da un’emergenza sbarchi. In quegli anni il totale era infatti crollato rispettivamente a 9.573 e 4.406.
Guardando ai numeri si può comunque notare una concomitanza tra l’inizio dell’ondata migratoria, nel 2014, e l’azzeramento o quasi delle quote per ingressi di lavoratori non comunitari non stagionali da parte dei governi Pd.
Nel 2012/2013 infatti, anche se nei decreti flussi erano previste quote relativamente piccole per tali lavoratori (soprattutto si era dato spazio anche allora alle conversioni), era stata prevista una sanatoria (poi rinnovata).
Dal 2014 in poi non ci sono invece più state sanatorie, né quote rilevanti destinate all’ingresso di lavoratori non stagionali.
Non possiamo dire con certezza che la scelta sia dipesa dall’eccezionale ondata migratoria, anche se non sembra improbabile, tuttavia lo stop alle quote per i lavoratori subordinati non stagionali negli ultimi anni è un dato di fatto.
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