Ospite di Matrix lo scorso 17 maggio, il segretario del Partito Comunista Marco Rizzo ha dichiarato: “L’Italia spende per l’edilizia popolare la metà della Francia, meno della metà della Germania e meno della metà del Regno Unito”.
Si tratta di un’affermazione impossibile da verificare. Diversi Stati adottano diversi criteri per catalogare la spesa pubblica in materia di abitazioni – e le politiche stesse sono molto diverse tra loro. Come certifica il servizio di ricerca del Parlamento europeo, “il social housing è diffuso nell’Ue ma non esiste una definizione, né un concetto, comune agli Stati”.
Stessa idea espressa dalla nostra Cassa depositi e prestiti, in un corposo rapporto sul social housing basato su dati 2014: “Le politiche di social housing nell’Unione Europea, derivate dalla regolamentazione interna e dalle specificità di ciascun Paese, evidenziano una notevole varietà, tanto nella pluralità delle forme di tutela del diritto all’abitare, quanto nella definizione delle categorie degli aventi diritto e della natura degli interventi pubblici”.
Un documento dell’Ocse, aggiornato a febbraio 2017, sulla spesa pubblica per “housing allowances” (cioè il sostegno alle famiglie per pagare i costi della casa) riporta ad esempio i dati di Regno Unito, Germania e Francia, ma non quello dell’Italia. In quella classifica, il Regno Unito era primo con una spesa intorno all’1,4 per cento del PIL, davanti a Francia (circa 0,8 per cento) e Germania (0,4 per cento).
Un altro documento della stessa serie dell’Ocse – che riguarda la spesa pubblica per la fornitura di alloggi popolari, sia diretta (cioè da parte dello Stato) che indiretta (tramite privati) – spiega che l’Italia (qui in compagnia di Germania e Regno Unito) non compare, perché non esistono dati aggregati a livello nazionale in materia. La competenza è infatti delegata a livello locale, regionale e comunale.
Insomma, non si può arrivare a conclusioni sicure.
Il confronto con gli Stati europei: una stima
Si può comunque citare una stima che ha provato a quantificare il confronto europeo. Si tratta del rapporto “Social housing in Europa e focus sull’Italia”, elaborato dall’istituto di ricerca indipendente “Scenari immobiliari” su dati relativi al periodo 2000-2006.
In base ad essi (v. Tavola 1, pag. 97) risulta che in quegli anni la spesa pubblica per l’edilizia sociale sia stata, in media, pari all’1% del Pil nella Ue. L’Italia resta sotto questa asticella, con circa lo 0,6% del Pil. La Germania spende quasi il triplo, con circa l’1,7% di Pil destinato all’edilizia sociale. Ancora meglio fa la Francia, col 2% del Pil, e il Regno Unito guida la classifica con ben il 3,2% del Pil.Abbiamo sentito Scenari Immobiliari i quali ci hanno spiegato che i dati provengono da Eurostat (dunque non da Eurispes, come indicato nel testo) e che quelli riferiti al decennio scorso, citati nel rapporto, sono ancora validi, in quanto negli anni successivi il social housing sarebbe aumentato in misura marginale.
In base a quella stima, insomma, si può dire che l’Italia spenda molto meno degli altri tre grandi Paesi europei per l’edilizia sociale (persino meno di quanto dice Rizzo). Ma come abbiamo visto, è difficile fare una classifica.Nota a margine: anche se in Italia è quasi assente dal dibattito pubblico, il tema dell’edilizia sociale è più sentito in altri Paesi europei, come il Regno Unito: tra le promesse del leader laburista Jeremy Corbyn c’è anche quella di costruire «un milione di nuove case in cinque anni», almeno metà delle quali council homes, ovvero complessi di edilizia pubblica costruiti dagli enti locali.
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