Lo scorso 21 dicembre Matteo Salvini ha dichiarato a Coffee Break, su La7: "Noi ogni anno diamo al club Unione europea 20 miliardi e il club Unione europea ce ne ridà indietro 12". Quello dei “20 miliardi” si conferma un errore duro a morire. Ripetuto più volte dall’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, viene ora ripreso anche dal leader della Lega Nord.
Si tratta di un dato sbagliato. Grazie al sito della Commissione Europea dedicato al bilancio possiamo facilmente consultare tutti i dati degli ultimi anni, che specificano quanto sia stato il contributo nazionale e quanto abbia dato l’Unione per i diversi programmi di spesa (il file .xls che si scarica cliccando su “Download data 2000-2014”). Riassumiamo le cifre per l’Italia nel grafico successivo.
Come si vede il picco massimo raggiunto, nel 2013, è di 15,748 miliardi di contributo, con una media negli ultimi 10 anni di circa 14 miliardi di euro all’anno. Decisamente meno dei 20 citati da Salvini.
Quanto ai 12 miliardi di euro che verrebbero restituiti, si tratta di un dato corretto se riferito al 2015 (12,338). L’anno prima invece la cifra si era fermata a 10,695 miliardi, e nel 2013 era stata di nuovo poco superiore ai 12 miliardi di euro.
La differenza tra dato e ricevuto non è in ogni caso di 8 miliardi di euro, come risulta dalle parole del leader del Carroccio, ma significativamente inferiore. Nel 2015 la differenza è stata inferiore a 1,9 miliardi di euro, nel 2014 era di 3,7 miliardi scarsi, nel 2013 di 3,2 miliardi, nel 2012 di 4 miliardi e nel 2011 c’era stato il record di 4,75 miliardi. Si può dire che, nell’ultimo quinquennio, il trend sia stato di una progressiva riduzione del divario tra contributi dati e ricevuti.
I conti sono leggermente diversi se si guarda alla Relazione annuale della Corte dei Conti sui rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi comunitari. La Corte utilizza infatti i dati della Ragioneria generale dello Stato che, come si legge nella Relazione, “non tengono conto di alcune differenze di contabilizzazione rispetto alla Commissione, sul lato dei versamenti, né delle somme che non transitano per la tesoreria, sul lato degli accrediti”. Con le somme così calcolate si riducono le distanze tra la realtà e le parole di Salvini. Non si arriva mai ai 20 miliardi citati, ma si avvicina maggiormente: ad esempio il picco del 2013 arriva a 17,16 miliardi di euro, e la media degli ultimi 5 anni è superiore ai 15 miliardi di euro all’anno. Resta corretto il dato sui 12 miliardi, se riferito al 2015.
Il “saldo netto” per il periodo 2009-2015 tra versamenti fatti alla Ue e accrediti ricevuti è per la Corte di 37,747 miliardi, per una media di 5,4 miliardi all’anno di differenza tra quanto l’Italia ha dato e quanto ha ricevuto da Bruxelles (si arriva in realtà a 5,5 miliardi per via di una recente decisione che ha ricalibrato gli apporti dei singoli Stati).
Ma, come avverte la stessa Corte, “la dinamica degli accrediti dipende anche dalla capacità progettuale e gestionale degli operatori nazionali, e dall'andamento del ciclo di programmazione, e quindi il saldo netto negativo non è di per sé espressione di un ‘trattamento’ deteriore per l'Italia rispetto a quello di Paesi che si suppongono più avvantaggiati”. In altre parole, i soldi che arrivano dall’Europa bisogna saperli spendere – e l’Italia non brilla particolarmente in questa abilità.
A conferma di ciò, la Corte valuta che l’aumento delle risorse che l’Italia riceva da Bruxelles (+15,7% nel 2015 rispetto all’anno precedente) sia il “frutto di un più elevato assorbimento di risorse dai fondi europei”.
Sempre secondo la Relazione annuale della Corte dei Conti, l’Italia si colloca al quinto posto come “contributore netto” (cioè per differenza tra versato e ricevuto) in base al criterio del calcolo algebrico, dietro Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi. Se invece per calcolare il contributo netto si adotta il criterio della percentuale del Reddito Nazionale Lordo (Pil + flussi di reddito da e per Paesi terzi), l’Italia – con lo 0,34% – scivola all’ottavo posto, venendo “sorpassata” anche da Danimarca, Svezia e Belgio.
Restiamo insomma tra i Paesi ricchi dell’Unione europea che, in base alle regole comunitarie, contribuiscono maggiormente allo sviluppo comune. La differenza tra quanto diamo e riceviamo dipende però anche dalla capacità del Paese di spendere i fondi comunitari che vengono messi a disposizione. Su questo fronte pare si registri un progressivo miglioramento.