Roma - "Wikileaks deve pubblicare. Deve pubblicare e sarà maledetta", ma non ha mai cercato di "influenzare il risultato elettorale". Nelle ore in cui gli Stati Uniti sono chiamati al voto, Julian Assange rivendica il lavoro fatto dalla sua piattaforma durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, segnato dalle rivelazioni del contenuto delle email intercorse tra Hillary Clinton e John Podesta, capo della campagna della candidata democratica: "Alla vigilia della elezione", scrive Assange sul sito, "è importante riaffermare il perchè abbiamo pubblicato ciò che avevamo", poiché "a prescindere dal risultato delle elezione presidenziale del 2016, la vittoria vera è quella del cittadino americano che ha diritto a ricevere dal nostro lavoro la migliore informazione".
"Noi", aggiunge il fondatore di Wikileaks dopo aver sottolineato l'esistenza del Primo Emendamento della Costituzione americana (quello che sancisce la liberta' di parola e di stampa), "pubblichiamo del materiale in base all'importanza che esso ha dal punto di vista politico, diplomatico, storico o etico, e che non è stato pubblicato altrove. Quando il materiale in nostro possesso risponde a quasti requisiti, pubblichiamo. Il materiale relativo alla campagna di Sanders (Ben, il candidato democratica rivale di Clinton nelle primarie, ndr) e di Clinton e alle Podesta ails rispondeva a questi requisiti. E, avendo pubblicato e indicizzato i documenti e le mail della Clinton, eravamo diventati punti di riferimento sugli archivi di quest'ultima. E' stato naturale, a quel punto, che le fonti venissero da noi".
Il fondatore della piattaforma si difende, poi, dall'accusa di aver favorito uno dei candidati presidenziali, Donald Trump, mettendo a nudo l'ex Segretario di Stato americano. "Non possiamo pubblicare ciò che non abbiamo. Fino a oggi - prosegue Assange - non abbiamo ricevuto alcuna informazione che abbia quei requisiti editoriali in merito alla campagna di Donald Trump, o a quella di Jill Stein o di Gary Johnson o di altri candidati. Quando io ho parlato al lancio della campagna di Jill Stein, il candidato del Green Party, l'ho fatto perché il suo programma indica la necessità di proteggere le gole profonde, verso i quali sia i candidati democratici che quelli repubblicani hanno espresso ostilità. Questo tema mi sta a cuore, visto il trattamento disumano e degradante riservato dall'amministrazione Obama a una delle nostre fonti, Chelsea Manning. Ma le pubblicazioni di Wikileaks - assicura l'uomo che ha costituito per il presidente uscente una vera spina nel fianco - non sono un tentativo di ottenere l'elezione di Jill Stein o una vendetta per quanto Manning ha subito". Quanto al presunto legame tra Wikileaks e il Cremlino, evocato dal Partito democratico, "la campagna di Hillary Clinton non è stata in grado di provarlo, poiché non esiste".