Non è decisamente un buon periodo per Theresa May. Dopo la batosta incassata dai 'tories' alle elezioni anticipate, che la premier aveva fortemente voluto sperando di consolidare una maggioranza che ha invece perso, e nel mezzo di trattative per la Brexit che si fanno sempre più convulse e difficili, May è sempre più sotto attacco sul fronte della sicurezza. In mesi che hanno visto il Regno Unito colpito da diversi attentati terroristici, l'inquilina di Downing Street era già finita nella bufera per i dati che hanno dimostrato come, quando era ministro degli Interni del suo predecessore David Cameron, aveva tagliato del 20% gli effettivi delle forze di polizia. Ora è finita al centro delle polemiche per il suo rifiuto di rendere pubblico un dossier sui finanziamenti al terrorismo, preparato nel 2015 dal ministero da lei retto all'epoca, dal quale - secondo l'opposizione - emergerebbe un ruolo piuttosto ambiguo dell'Arabia Saudita, nazione con la quale la Gran Bretagna intrattiene rapporti sempre più stretti e cordiali. Come se non fossero bastate le rivelazioni secondo le quali i servizi segreti inglesi, negli anni dell'invasione franco-britannica della Libia, avrebbe consentito a rifugiati libici sospetti di jihadismo di rimpatriare per ingrossare le fila della rivolta contro Gheddafi.
"Troppo sensibile per essere pubblicato"
Il rapporto è stato terminato e consegnato a Downing Street lo scorso anno. Era stato commissionato da Cameron e approvato da May su richiesta degli allora alleati liberaldemocratici, in cambio del sostegno di questi ultimi alla partecipazione di Londra ai raid in Siria. Il leader del partito liberaldemocratico, Tim Farron, aveva spiegato in campagna elettorale che l'ex premier si era impegnato a rendere pubblico il dossier entro la primavera 2016. Oltre un anno dopo rimane secretato e il ministero degli Interni, scrive il Guardian, potrebbe non rivelarne mai il contenuto in quanto "troppo sensibile". Alla Camera dei Comuni gira la voce, sempre più insistente, che le carte si concentrerebbero sul ruolo di Riad, lasciata finanziare con troppa disinvoltura centri culturali islamici e moschee poi diventate brodo di coltura per futuri jihadisti. L'opposizione quindi non ha dubbi: May vuole mantenere il segreto perché il rapporto la metterebbe in serio imbarazzo. Non solo perché, all'epoca della stesura, all'Home Office c'era lei ma perché il rafforzamento dei rapporti con la petromonarchia sunnita è stato finora uno dei cardini della sua politica estera.
Aerei "made in England" per bombardare lo Yemen
L'Arabia Saudita era stata uno dei primi Paesi visitati da May nell'aprile 2017, ovvero dopo aver avviato formalmente la Brexit. "Una mossa altamente simbolica", osserva il Guardian. La premier tornò con la borsa piena di nuove commesse militari targate Riad, che dalla britannica Bae Systems riceve gli aerei da guerra con i quali bombarda i ribelli sciiti in Yemen. Secondo l'Indipendent, dall'inizio del conflitto in Yemen, i ricavi della vendita di armamenti "made in England" ai sauditi ha superato i tre miliardi di sterline.
Secondo la leader dei Verdi, Caroline Lucas, l'insistenza del governo nel voler mantenere il dossier segreto "lascia interrogativi su quanto la decisione sia influenzata dai nostri legami diplomatici". "Per sconfiggere il terrore è vitale che i politici abbiano una piena visione dei fatti, anche se sono scomodi per il governo", ha affermato Lucas, che ha chiesto a May (alla quale spetta personalmente la decisione) di rivelare "immediatamente" almeno le ragioni per le quali il documento non viene pubblicato. Anche il numero uno dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha chiesto all'esecutivo di togliere il segreto. Ancora più duro Farron: "L'unica cosa che sembra importare a questo governo è compiacere uno dei regimi più estremi, biechi e oppressivi del mondo. Uno penserebbe che la nostra sicurezza sarebbe più importante ma sembra di no. May dovrebbe vergognarsi".