Il risultato di questo primo turno di elezioni presidenziali in Francia è apparso molto chiaro fin dalla chiusura dei seggi, ma nel corso della notte sono arrivati molti dati a confermare (e arricchire) il quadro che si era delineato. Emmanuel Macron vince il primo turno, giungendo in testa con il 23,9% dei voti. Al ballottaggio sfiderà Marine Le Pen: la leader del Front National ha ottenuto il 21,4%.
Macron e Le Pen hanno tagliato fuori i partiti tradizionali
Escluso dal ballottaggio invece, per la prima volta nella storia, il candidato neogollista dei Républicains, François Fillon, che si è fermato al 19,9% – un soffio sopra Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise (estrema sinistra) che ha raccolto il 19,4% dei voti.
Pessimo il risultato di Benoît Hamon: il 6,3% è il risultato peggiore mai ottenuto da un candidato socialista nella storia Quinta Repubblica (cioè dal 1958). L’ottimo risultato (4,7%) del candidato indipendente di centrodestra, Nicolas Dupont-Aignan potrebbe, invece, aver contribuito ad escludere Fillon dal ballottaggio, un po’ come accadde al socialista Lionel Jospin nel 2002, che pagò a caro prezzo il mancato accordo a sinistra sulla sua candidatura.
L’affluenza è leggermente calata rispetto a cinque anni fa: allora si attestò sul 79,5% al primo turno, ieri si è fermata al 78,3%.
Risultato in linea con i sondaggi, incredibilmente
Innanzitutto va rilevato come i risultati (sia l’ordine dei candidati sia le loro percentuali) si siano discostati poco o per nulla dai sondaggi. Gli istituti demoscopici erano un po’ gli osservati speciali di queste elezioni, certamente le più incerte da molti anni a questa parte.
Dopo un 2016 in cui la vittoria del Leave nel referendum sulla Brexit e quella di Trump nelle elezioni americane sono state viste come la prova dell’inefficacia dei sondaggi (che in realtà avevano pienamente contemplato quei risultati entro il margine d’errore), c’erano molti timori di un risultato totalmente diverso dalle attese, come infatti era già successo in occasione delle primarie dei socialisti e dei Républicains.
Invece, il risultato finale di questo primo turno è incredibilmente in linea con i sondaggi degli ultimi giorni, che avevano correttamente segnalato una lieve ripresa di Macron che gli ha consentito di finire in testa e la fine dell’incredibile rimonta fatta registrare da Mélenchon nelle ultime settimane.
Nei dipartimenti, Macron come Hollande e Le Pen come Sarkozy
La geografia del voto mostra una Francia divisa, ma meno di quanto si potesse pensare alla vigilia. Tutti e 4 i candidati principali riescono risultano in testa in qualche dipartimento (l’equivalente delle nostre province), ma il grosso è diviso tra Macron – che eredita una distribuzione delle zone di forza simile a quella di Hollande nel 2012 - e Le Pen che, viceversa, fa meglio nella parte orientale del Paese, come a suo tempo fece Sarkozy. L’eredità “geografica” dell’ex presidente è raccolta al meglio dal candidato che lo ha sconfitto alle primarie dei repubblicani, Fillon, come mostrano i nostri grafici sulla correlazione nel voto 2012 nei vari dipartimenti.
Correlazione tra voto a Sarkozy nel 2012 (asse verticale) e voto a Fillon nel 2017 (asse orizzontale) nei dipartimenti. Ciascun punto rappresenta un dipartimento. La pendenza della linea retta mostra una correlazione positiva.
Correlazione tra voto a Hollande nel 2012 (asse verticale) e voto a Macron nel 2017 (asse orizzontale) nei dipartimenti. Ciascun punto rappresenta un dipartimento. La linea retta mostra il "verso" della correlazione: in questo caso è ascendente, quindi positiva.
Il Front National prevale nei piccoli centri, a Parigi si afferma Macron
Da sottolineare come il paventato gap città/campagna non si sia mostrato in maniera troppo netta: nei piccoli centri, infatti, ha sì prevalso Marine Le Pen con il 23%, ma Macron ha fatto meglio delle attese, piazzandosi secondo con il 21%. Notevole la differenza tra Parigi e il resto del paese: Macron vince nella capitale con ben il 34,8%, staccando Fillon, secondo, di quasi 8 punti. Marine Le Pen a Parigi ottiene solo il 5%, nella città che più di tutte negli ultimi anni è stata al centro di tragici fatti di terrorismo.
Mélenchon piace ai giovani, per Fillon hanno votato gli over 65
La sociologia degli elettori emerge in due dettagliate inchieste, effettuate dagli istituti Ipsos e Harris (quest’ultimo il giorno stesso del voto). Partiamo dall’età. Entrambi gli studi confermano che è Mélenchon ad avere l’elettorato più giovane: oltre un elettore di Mélenchon su tre ha meno di 35 anni, e il candidato di estrema sinistra, che raccoglie ben il 30% tra gli elettori con meno di 25 anni. Il suo “opposto” è Fillon, che ottiene addirittura il 45% tra gli over 70, e che ha un elettorato composto per quasi la metà (48%) da over 65. Gli elettorati di Le Pen e Macron sono più equilibrati, con quest’ultimo che va un po’ meglio della rivale tra gli elettori più anziani.
L'elettorato di Le Pen è composto da operai e impiegati
Per quanto riguarda la condizione professionale, Le Pen è andata molto forte tra gli operai, dove raccoglie il 37%, e gli impiegati (32%), mentre Macron ha i suoi punti di forza nei quadri dirigenti (uno su tre vota per lui) e nei professionisti, tra i quali raccoglie il 26%. La stessa percentuale che raccoglie Marine Le Pen tra i disoccupati, dove però è seconda dietro Mélenchon (33%). Lo vediamo anche dai nostri grafici, che mostrano la correlazione tra percentuale di disoccupati e voto ai vari candidati nei dipartimenti. La correlazione è evidentemente positiva per Le Pen (che ottiene più voti dove la disoccupazione è più alta) e negativa per Macron.
Il titolo di studio è lo spartiacque tra gli elettori di Macron e Le Pen
Visti questi dati, non sorprende quello relativo al livello di istruzione, dove Macron e Le Pen emergono ancora una volta come due candidati agli antipodi: se il centrista raccoglie il 30% tra chi possiede i titoli di studio superiori, la stessa percentuale la ottiene la leader del Front National tra chi ha un titolo di studio che arriva fino al diploma.
E, ancora una volta, i due ottengono la stessa percentuale (32%) nelle due fasce estreme di reddito: Le Pen tra chi guadagna meno di 1250 euro mensili, Macron tra chi ne guadagna più di 3000. Anche questi dati sono confermati dalle nostre correlazioni sui dati ufficiali dei vari dipartimenti in relazione a tasso di istruzione e salario orario medio.
La metà dei socialisti del 2012 ha 'tradito' il partito
Passando al confronto tra voto passato (presidenziali 2012) e voto odierno, possiamo notare altre relazioni interessanti. Ad esempio, quasi metà di quelli che votarono il socialista Hollande 5 anni fa (il 47%) ha “tradito” il proprio partito scegliendo Macron, e circa uno su quattro ha fatto la stessa cosa votando Mélenchon: a Hamon va solo il 15% degli ex elettori di Hollande. Gli ex elettori di Sarkozy a loro volta scelgono Fillon solo per il 59%, mentre il 17% ha votato per Macron e il 14% per Marine Le Pen.
"Né di destra né di sinistra, voto Le Pen"
Non sorprende che in questa elezione i due candidati con il “tasso di fedeltà” maggiore siano proprio i due candidati “estremi”: l’85% degli elettori 2012 di Le Pen e l’80% di quelli di Mélenchon hanno confermato anche stavolta la loro preferenza. Ipsos ci dice anche qualcosa di interessante riguardo all’autocollocazione degli elettori sull’asse destra-sinistra: come prevedibile, Macron risulta il candidato più gradito (con il 60%) tra chi si colloca al centro e tra chi si dichiara “abbastanza” di sinistra (47%), mentre Marine Le Pen stravince tra chi si identifica con l’estrema destra (80%). Ma la novità è che Le Pen risulta nettamente in testa anche tra chi si dichiara né di destra né di sinistra, con il 37%.
Le motivazioni del voto: utile o di adesione?
Questo ci porta al discorso delle motivazioni che hanno portato al proprio voto. Innanzitutto va sottolineato che, secondo le rilevazioni di Harris, quasi la metà dei votanti ha fatto la propria scelta nelle ultime due-tre settimane che hanno preceduto il voto; più in dettaglio, il 21% ha scelto negli ultimi giorni, e il 10% addirittura il giorno stesso. Dati che segnalano una volatilità maggiore rispetto alle tornate elettorali precedenti. Per il 60% degli elettori il proprio è stato un voto di adesione, ma il 19% ha espresso un “voto utile”, per un candidato che avesse chance più concrete di passare al secondo turno tra quelli a cui ci si sentiva vicini. Com’è intuitivo, queste percentuali variano molto a seconda dei candidati: ad esempio, solo il 52% del voto a Macron è un voto di adesione, mentre ben il 27% è un voto “utile”. Il 75% dei (pochi) voti raccolti dal socialista Hamon è un voto di adesione: in pochi si aspettavano che facesse bene, tanto che solo l’8% degli elettori di Hamon definisce il proprio voto “utile”. Significativo il numero degli elettori di Marine Le Pen che ha dichiarato di aver espresso un voto di protesta: ben il 20%, uno su cinque.