"Un terrorista con un kalashnikov può essere fermato solo da qualcuno che, armi in pugno, è nelle vicinanze pronto a reagire": ne è convinto Carlo Biffani, esperto di sicurezza internazionale e direttore generale del Security Consulting Group, secondo cui l'attentato di giovedì sera contro la polizia, avvenuto nel cuore di Parigi e firmato dall'Isis, prova che "non è possibile abbassare la guardia".
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Il potere simbolico del kalashnikov
Nell'attacco degli Champs Elysees sono rimasti uccisi un agente di polizia e l'attentatore stesso, mentre due persone sono state ferite. Tuttavia, spiega all'Agi Biffani, il numero esiguo di vittime non deve portare a sottovalutare un attentato che per le modalità con cui è stato organizzato è carico di significato simbolico. "Portare un proprio 'martire' armi in pugno a sparare contro la polizia nel salotto buono di Parigi, peraltro con le misure di sicurezza e di prevenzione attivate ai massimi livelli, è qualcosa di profondamente diverso rispetto a scagliarsi contro la folla a bordo di un'auto - come avvenuto al Parlamento di Londra - o con un coltello in mano".
Un soldato del Terrore ammantato di coraggio
"L’uso di un coltello, o di una autovettura, per quanto letali, non trasmettono l’idea di un soldato armato che attacca la polizia in casa propria. Un uomo armato di fucile d’assalto che uccide o ferisce gravemente sparando nel centro di una città, ammanta l’autore del gesto di un'aurea di coraggio e di capacità operative rispetto alle quali il risultato ottenuto, passa quasi in secondo piano. Chiunque può salire sulla propria autovettura e dirigersi a velocità sostenuta contro dei cittadini in attesa di un autobus o che passeggiano per le vie del centro di una città. Perfino uno psicopatico può aggredire gli avventori di un bar con un macete od un coltello o perpetrare una azione che mieta vittime.
Teatri di guerra nei salotti buoni dell'Europa
"Quelle delle “armi in pugno” sono le azioni che Isis privilegia perché questo tipo di attentato ha la capacità di far percepire le nostre città come un teatro di guerra, molto più di quanto non sia possibile per loro fare con i pur tremendi e sanguinosi attacchi perpetrati grazie all’utilizzo di altri mezzi quali i camion o le auto lanciate sulla folla od il ferimento con coltelli o altre armi da taglio", continua l'esperto. Nell’uomo che fronteggia la polizia imbracciando un'arma da guerra "c’è più simbolismo di Jihad di quanto non ve ne sia in circostanze forse più letali: un'azione di questo genere dimostra a tutti, e in special modo ai loro sostenitori che - malgrado i controlli serrati, l’attenzione delle Forze di Sicurezza verso la circolazioni di armi di contrabbando, i controlli sul territorio ed il dispiegamento massiccio delle Forze dell'Ordine - loro sono ancora in grado di far entrare o acquistare armi da guerra e di farle crepitare nei luoghi simbolo delle città europee".
"Fondamentale non abbassare la guardia"
"E' importante continuare a pensare che azioni simili rappresentino il punto di arrivo al quale tendono ed aspirano organizzazioni come Daesh. E per questo non si può abbassare la guardia rispetto alla necessità di mantenere alto l’impiego, l’addestramento e le dotazioni del personale di sicurezza in azione nelle strade delle nostre città. Quanto più immediata sarà la reazione a fuoco contro simili terroristi, minore sarà il numero di morti e feriti che si conteranno"