Il protezionismo? Un'illusione. La tassa sulle multinazionali? Troppo limitata. Nuove tecnologie? Rischiose.
Contro l'evasione fiscale e le diseguaglianze sociali è necessario un 'Catasto finanziario mondiale' che promuova la trasparenza e combatta il riciclaggio, la criminalità e il finanziamento del terrorismo. Se non si fa questo si rischia di far ribollire protezionismi e nazionalismi e lasciare che la globalizzazione resti un vantaggio solo per i ricchi. A parlare è Gabriel Zucman, economista francese, autore di "La ricchezza nascosta delle nazioni - Indagine sui paradisi fiscali".
Il libro di Zucman
Il libro, edito da 'add editore', analizza i meccanismi oscuri della ricchezza occulta, quella che i poveri non percepiscono, spiegando come i capitali nascosti negli stati tax free costituiscano la causa del divario sociale nel mondo, nonché una minaccia per le democrazie moderne. "Il capitalismo senza i paradisi fiscali è un'utopia - si legge nel libro - e qualsiasi imposizione progressiva di redditi e patrimoni è destinata a fallire, a meno di imboccare la via del protezionismo. Bisogna allora creare - ha spiegato Zucman in un'intervista all'Agi - un'istituzione che renda la globalizzazione 'buona' per tutti, non solo per pochi. Questa istituzione sarebbe un catasto finanziario mondiale. Oggi in tutti i Paesi esistono già registri per la proprietà di beni mobili e immobili. Quello che si dovrebbe fare è di identificare chi è il vero beneficiario. Ad esempio perché permettiamo che una consistente fetta di Manhattan o di Londra sia di proprietà di compagnie 'guscio' che, potenzialmente, racchiudono di tutto, da criminalità a riciclaggio di denaro sporco?. I registri attuali potrebbero essere ampliati alla copertura degli asset finanziari (equities, bond, fondi e derivati). Non solo, attualmente questi registri sono gestiti da gruppi privati (in Italia ad esempio da una società che si chiama Monte Titoli). Non sarebbe male trasferirli in mani pubbliche".
Coalizione di più Paesi, Fmi, economie in via di sviluppo
La proposta di Zucman è chiara e semplice: i governi dovrebbero assumere il controllo dei depositi centrali e via via concentrarli in un catasto finanziario mondiale. Stati Uniti, Unione europea, Giappone e Fondo monetario internazionale dovrebbero essere alla guida di questo processo insieme a tutti i Paesi emergenti dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina che, a seguito delle gravissime perdite subite a causa dell'evasione fiscale e della fuga di capitali, volessero unirsi a questo processo cooperativo. Il sistema potrebbe essere accompagnato da una tassa di registrazione comune minima (ad esempio lo 0,1% del patrimonio netto individuale) integrata da aliquote fiscali progressive stabilite dai singoli governi (o da coalizioni di più Stati).
Nei paradisi fiscali l'8% del patrimonio mondiale
Il libro di Zucman è pieno di numeri che certificano una situazione di forte squilibrio nel mondo: i paradisi fiscali custodiscono capitali illegali per almeno 7.600 miliardi di dollari pari all'8% del patrimonio finanziario mondiale. Di questo fiume di ricchezza esentasse, 1.200 miliardi provengono dagli Stati Uniti, 1.300 dall'Asia, 800 dai Paesi del Golfo, 300 dalla Russia, 700 dall'America Latina e ben 2.600 miliardi dall'Europa. "In tutti i paesi, anche in Italia - ha spiegato l'economista - l'elusione offshore da parte di chi gestisce il grosso della ricchezza mondiale è una delle principali forme di evasione fiscale. Come fronteggiare il fenomeno? Basta renderlo più rischioso e, soprattutto, più costoso per coloro che detengono questo potere di "facilitare la frode". In termini concreti si tratta di imporre grandi multe alle banche che lo permettono, di condurre audit con regolarità, di imporre sanzioni a quei paesi che non sono in linea con le regole internazionali".
Globalizzazione 'buonà non solo per le élite
Si tratta anche, secondo Zucman, di ricondurre il concetto di globalizzazione su un terreno positivo: non più privilegio di un'elite che evade le tasse, ma occasione per tutti. Se una parte crescente della popolazione si sente vittima del funzionamento del sistema e del trattamento iniquo dell'economia globale o dei governi, potrebbe finire per rifiutare le nozioni di solidarietà tra classi e di Stato sociale e fiscale equo, fino a lasciarsi sedurre dalle soluzioni nazionaliste, dalle divisioni etniche e dalla politica dell'odio. La proposta di Zucman è chiara: i governi dovrebbero assumere il controllo dei depositi centrali e concentrarli gradualmente in un catasto finanziario mondiale. Gli Stati Uniti, l'Unione europea, il Giappone e, auspicabilmente, l'FMI dovrebbero essere alla guida di questo processo, insieme a tutti quei Paesi emergenti dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina.
Populismo e protezionismo derive dell'evasione fiscale
Se non si arriva alla costituzione di questo "Catasto finanziario mondiale" la deriva è chiara, ha messo in guardia l'economista: populismo, disgregazione, protezionismo. Ad esempio gli Usa: "La prospettiva di un accordo commerciale tra Ue e Usa è svanita con l'elezioni di Trump che si sta muovendo verso una politica non cooperativa e 'straccia camicia', ovvero a colpi di svalutazioni competitive. "L'amministrazione Trump sta pensando di liberarsi della tassa sulle imprese sostituendola da un'imposta sui consumi accompagnata da agevolazioni in busta paga. Questo trasformerebbe gli Usa in un paradiso fiscale corporativo con la maggior parte delle aziende che lì si trasferirebbero per approfittare di un imposizione fiscale corporate a tasso zero. Se questo succederà l'Unione europea si deve preparare a reagire pesantemente". Eppure, spiega Zucman, proprio Usa e Ue potrebbero gettare la basi insieme del catasto globale. "Un accordo Ue-Usa su come tassare le multinazionali costruirebbe le fondamenta di una base di imposizione globale che metterebbe termine al trasferimento di profitti su larga scala verso i paradisi fiscali".
Tassazione proporzionale per le multinazionali
Google, Apple, Microsoft, Facebook e Amazon - ha proseguito l'economista francese - sono campioni di elusione attraverso il trasferimento dei profitti in paradisi fiscali come le Bermuda. Quindi è più che legittimo prevedere una tassazione specifica per questo settore. Tuttavia il problema del trasferimento dei profitti non è limitato al solo settore tecnologico. Quindi bisogna trovare una soluzione generale che coinvolga tutti i settori dell'economia. La soluzione migliore sarebbe quella di distribuire i profitti globali delle multinazionali in maniera proporzionale laddove operano le loro filiali. Ad esempio se Apple fa il 10 % del suo fatturato in Italia allora quel 10% sarà tassabile in Italia, Questo porrebbe fine a un'evasione massiccia da parte di questi gruppi.
Bitcoin non è una soluzione
Zucman non sembra molto convinto delle nuove soluzioni tecnologiche, come Bitcoin. "Tutte le tecnologie che permettono un movimento di capitale all'estero in maniera anonima non aiutano", ha detto. "I governi dei paesi industrializzati - ha proseguito - spendono quasi metà del loro Pil in tasse che redistribuiscono in servizi come ospedali, scuole, eccetera. Un sistema di redistribuzione che può funzionare solo con la trasparenza, su chi paga le tasse e chi le raccoglie.
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