Lo scorso dicembre Michael Flynn, prima ancora di essere nominato Consigliere per la Sicurezza Nazionale, aveva nascosto al vicepresidente Mike Pence l’aver discusso con l’ambasciatore russo un possibile allentamento delle sanzioni. Questa la ragione delle prime dimissioni eccellenti della squadra di Donald Trump, che lasciano libera una poltrona delicatissima. Il sostituto potrebbe essere però già stato trovato nell’ex comandante della missione internazionale in Iraq, David Petraeus.
Dietro la soffiata gli ex vertici di Cia e Fbi
La soffiata, scrive il Washington Post, era arrivata dalla Casa Bianca da Sally Q. Yates, nominata ministro della Giustizia lo scorso 20 gennaio e licenziata da Trump una settimana dopo per essersi opposta all’ordine esecutivo che aveva sospeso gli ingressi di immigrati da sette Paesi a maggioranza islamica considerati non sicuri. A scoprire che Flynn non aveva detto tutta la verità a Pence e a riferirlo a Yates erano però stati probabilmente, negli ultimi giorni dell’amministrazione Obama, gli ex direttori di Fbi e Cia, James Clapper e John Brennan. I due capi dell’intelligence Usa, scrive il Washington Post, “avevano condiviso le preoccupazioni di Yates” e “avevano concordato sulla sua raccomandazione di informare la Casa Bianca” pochi giorni dopo l’insediamento di Trump. Si tratta quindi di una vicenda complessa da ricostruire nelle motivazioni e nelle dinamiche, che appare quasi come uno sgambetto postumo della precedente amministrazione. Era infatti Flynn, più che il segretario di Stato Rex Tillerson, l’uomo sul quale Trump puntava per avviare il disgelo con il Cremlino. Le sanzioni delle quali Flynn avrebbe discusso con il capo della diplomazia russa a Washington, Sergei Kislyak, erano infatti quelle imposte da Barack Obama per la presunta influenza di Mosca nella vittoria dell’immobiliarista newyorchese alle presidenziali.
I contatti tra Flynn e Mosca
Il Washington Post riporta, sulla base di fonti riservate, che Clapper e Brennan “temevano che Flynn si fosse messo in una posizione compromettente” e che Pence “aveva diritto di sapere di essere stato fuorviato”. Il generale in pensione era in contatto con Kislyak già dal 2013, quando, da direttore della Dia, era stato in viaggio a Mosca. In seguito i contatti erano continuati. A raccontarlo era stato lo stesso Flynn al Washington Post in un’intervista risalente all’8 gennaio, nella quale aveva però negato di aver discusso con Kislyak di sanzioni, pur confermando la conversazione. Iniziare a prendere contatti diplomatici prima di assumere ufficialmente una carica di alto profilo, per quanto sulla carta contrario al protocollo, non è troppo irrituale. Il Washington Post scrive che “Yates e altri funzionari delle forze dell’ordine avevano sospettato che Flynn avesse violato il Logan Act, un’oscura norma che impedisce ai cittadini americani di interferire in controversie diplomatiche con un altro Paese” ma che “sapevano che c’erano poche chanche di impugnare contro Flynn il Logan Act, mai utilizzato durante un processo”. Frasi che suggeriscono quasi un piano preciso per far saltare Flynn al quale Trump si sarebbe opposto finché possibile.
Secondo fonti della Casa Bianca, il presidente era conscio dei contatti ma avrebbe comunque tenuto l’ex generale al suo fianco fino all’ultimo, ovvero fino alle rivelazioni del Washington Post, dopo le quali la posizione di Flynn era diventata indifendibile. A un politico statunitense non si può perdonare di aver tradito la “accountability”. Se Flynn è stato costretto ad abbandonare – dopo, scrive Politico, un colloquio risolutore con il consigliere numero uno di Trump, Stephen Bannon – non è quindi per aver parlato di sanzioni con Kislyak (sebbene la ragione della fronda contro di lui appaia questa) ma per aver nascosto questo aspetto del colloquio sia a Pence che al portavoce di Trump, Sean Spicer, i quali lo avevano peraltro difeso pubblicamente per i suoi contatti con Mosca.
David Petraeus candidato alla successione
Sostituire Flynn non è semplice. Era stato lui l’architetto del sorprendentemente cordiale incontro tra Trump e il presidente canadese, Justin Trudeau. Era stato lui a preparare il vertice con il primo ministro giapponese, Shinzo Abe. Ed era stato probabilmente lui a suggerire al presidente di sposare la politica di ‘una sola Cina’ che ha rasserenato i rapporti con Pechino. La poltrona di Flynn è ora occupata ad interim da un altro ex generale, Keith Kellogg, veterano di Vietnam e Iraq. Già oggi Trump dovrebbe però incontrare il principale candidato alla successione, un altro generale, David Petraeus. Si tratta, però, di un’altra nomina che rischierebbe di rivelarsi controversa. Per quanto apprezzato per il suo operato in Iraq, Petraeus, era stato costretto ad abbandonare dopo poco più di un anno la guida della Cia, al capo della quale era stato nominato da Obama nel 2011, per aver condiviso informazioni riservate con l’amante e biografa Paula Broadwell.
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