Roma - L'Iran ha deciso di sospendere l'Umrah hajj, il pellegrinaggio minore alla Mecca, fino a quando le "condizioni di sicurezza non saranno garantite ai pellegrini". Lo ha annunciato il portavoce del governo di Teheran, Mohammad Bagher Nobakht, nel corso dell'incontro settimanale con la stampa facendo riferimento alla strage avvenuta a Mina a settembre, quando 464 iraniani morirono nella calca durante l'hajj, l'annuale pellegrinaggio alla Mecca.
Un incidente gravissimo per il quale Teheran ha sempre imputato la responsabilità alle autorità saudite. Il portavoce ha anhe parlato delle molestie ricevute da due adolescenti iraniani in primavera scorsa all'aeroporto di Gedda di ritorno dal pellegrinaggio sottolineando che la sospensione rimarrà "finchè non verranno puniti i colpevoli dell'aeroporto di Jeddah".
Sul tema ieri era intervenuto anche il responsabile dell'organizzazione per l'Hajj e il pellegrinaggio, Saeed Ohadi, secondo il quale una decisione in merito alla partecipazione iraniana al pellegrinaggio nel 2016 spettava alle piu' alte cariche del governo.
L'annuncio si inserisce nel clima di fortissima tensione innescato dall'esecuzione dell'imam sciita Nimr al-Nimr da parte delle autorità saudite che, di fronte alla dura reazione di Teheran, hanno rotto le relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica. Il portavoce del governo ha detto che il pellegrinnaggio sara sospeso.
Intanto il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha condannato l'assalto all'ambasciata saudita a Teheran, seguito all'uccisione a Riad di Nimr al-Nimr, ma nel testo non si fa alcun riferimento all'esecuzione del religioso, che ha causato la violenta reazione della comunità sciita. Dopo l'assalto, Riad ha interrotto le relazioni con l'Iran, e il fronte dei Paesi a maggioranza sunnita si sta allargando.
Il Kuwait ha richiamato il suo ambasciatore per consultazioni. L'emirato non ha interrotto le relazioni con Teheran, come hanno fatto Bahrein e Sudan. All'ambasciatore è stato consegnato un memorandum di condanna degli attacchi all'ambasciata. In una dichiarazione approvata all'unanimità i 15 membri del Consiglio "condannano con la massima fermezza gli attacchi contro le missioni diplomatiche dell'Arabia Saudita a Teheran e Mashhad".
I 15 esprimono "profonda preoccupazione" per gli attacchi e "chiedono alle autorità iraniane di proteggere le proprietà e il personale diplomatico, e di rispettare in pieno i loro obblighi internazionali al riguardo".
Il presidente iraniano Hassan Rohani ha lanciato una nuova accusa all'Arabia Saudita. Riad "non può coprire il suo crimine, l'aver decapitato un religioso, interrompendo le relazioni". E ancora, "non è tagliando teste che si può rispondere a chi critica" il regime, ha affermato il capo della Repubblica islamica, che, durante un incontro con il ministro degli Esteri danese Kristian Jensen, ha auspicato una presa di posizione dei "Paesi europei, sempre sensibili in materia di diritti umani".
Inoltre, un portavoce del governo iraniano, ha affermato che la rottura dei rapporti diplomatici da parte di Riad e dei "suoi vassalli" non recherà alcun pregiudizio all'Iran nè ne danneggerà lo sviluppo economico. Anzi, a subirne le conseguenze sarà proprio il regno wahabita. Da parte sua, Riad ha assicurato che la decisione di rompere le relazioni diplomatiche con l'Iran non dovrebbe avere conseguenze sugli sforzi di pace in Siria e in Yemen. "Continueremo a lavorare duro per sostenere gli sforzi di pace in Siria e Yemen", ha assicurato l'inviato alle Nazioni Unite Abdallah al-Mouallimi.
"Parteciperemo ai prossimi colloqui sulla Siria e non li boicotteremo a causa dell'Iran", ha assicurato ancora Mouallimi, il quale non ha risparmiato una frecciata a Teheran, aggiungendo che "gli iraniani, anche prima della rottura delle relazioni diplomatiche, non hanno dato un grande sostegno a questi sforzi di pace, non sono stati tanto positivi", ma hanno invece "assunto posizioni provocatorie e negative...e io non penso che la rottura delle relazioni servirà a dissuaderli dall'avere questi comportamenti".
(5 gennaio 2016)