“All’inizio dozzine di venture capitalist hanno rifiutato di investire in Whole Foods. Ad uno gli avevo chiesto perché e mi aveva detto che il nostro business gli sembrava una roba fatta da hippie per gli hippie e che mai avrebbe buttato soldi in un’idea del genere”. John Mackey, 63 anni, ricorda in un documentario le origini di Whole Foods, la catena di supermercati di prodotti bio che ha fondato nel 1980 e comprata da Amazon oggi, 16 giugno 2017, per 13,6 miliardi . “E comunque Safeway vi spazzerebbe via in poco tempo” aveva aggiunto l’investitore. Non è successo. Decide di fondare una cooperativa di prodotti biologici facendosi prestare 45 dollari da amici e familiari e apre un negozio per vendere i suoi prodotti con il suo socio Walter Robb, 65 anni. Chiama il suo negozio Saferway, proprio per prendere in giro il gigante americani dei supermercati che avrebbe dovuto spazzarlo via. Aveva 25 anni.
Appassionato di filosofia, un’inclinazione naturale ai temi religiosi, e una forte convinzione che la chimica e i pesticidi avevano distrutto il nostro rapporto con il cibo, Mackey decide di dedicare la sua vita al cibo biologico a 22 anni, dopo un’adolescenza passata negli anni Sessanta. Gli anni in cui le pubblicità in televisione cominciavano a pubblicizzare i prodotti surgelati e le meraviglie che la tecnica e la chimica avrebbero prodotto sul mondo del cibo. Lascia l'università di Austin e va a lavorare in una cooperativa di vegani che vivono del prodotto della loro terra. “Non ero vegetariano, all’inizio volevo solo conoscere persone interessanti. E’ lì che ho preso coscienza di quello che era il cibo, la sua importanza, il valore per le nostre vite. E sì, dopo sono anche diventato vegetariano. Ho imparato a cucinare, a nutrirmi. E ho capito che quella doveva diventare la mia vita, perché già era la mia passione”.
Whole Foods e la cultura hippie che diventa di massa
Il momento è perfetto. Alla metà degli anni 70 è il periodo in cui una parte della popolazione, specie in America, comincia a dubitare del miracolo dell’industrializzazione, che negli anni precedenti prometteva di rimpiazzare l’efficienza della natura nella produzione del cibo. “Ce ne sarà di più e mangeremo di più” dicevano i documentari di allora. La cultura hippie invece aveva cominciato a diffondere una cultura diversa. Raccontando un rapporto diverso con la natura, vista non come qualcosa da sfruttare o con cui essere in competizione, ma come madre di cui avere rispetto.
Libertario, convinto sostenitore del libero mercato, della globalizzazione, e acerrimo nemico dei sindacati colpevoli di creare fratture inutili tra datore di lavoro e dipendenti, Mackey ha da subito manifestato un acceso fiuto per gli affari. Capisce che il biologico può diventare un business. Dalla cooperativa Saferway per produrre e consegnare cibo biologico si passerà nel 1980 si passa a quello che diventerà il business model: un supermercato di prodotti esclusivamente biologici, ad Austin, Texas. Non un supermercato dove trovare alcuni prodotti biologici, ma un luogo dove si possa trovare tutto ciò che è biologico. Nasce così il Whole Food Supermarket. Un successo già al primo giorno di apertura.
Le fatiche degli anni '80, nel '90 il boom
Nel 1981 il supermercato sopravvive a fatica all’alluvione di Austin, che distrusse tutto e mandò l’azienda in bancarotta. Gli investitori però decidono di metterci altri soldi, i dipendenti di lavorare gratis per qualche mese e il business riparte. Al trotto, a volte a fatica fino al 1989, quando in tv va in onda un documentario che allarma i genitori Usa. Le mele mangiate a scuola dai bambini sono trattate con pesticidi, e levare i pesticidi dalle mele solo con l’acqua è impossibile dice il documentario citando studi universitari. “E’ stata la svolta definitiva per non solo per la nostra azienda, ma per tutta la filiera del cibo organico e biologico” confessa Mackey. Gli anni 90 sono quelli di una e costante. Il business del biologico esplode. Whole Food si allarga a ovest, in California, e poi sbarca a New York. I negozi Whool Foods sono dei templi del bio, pieni di cibi organic, local, vegani, alimenti ispirati dalle diete 'paleo', amatissime dalle celebrita' Usa, e basate su prodotti freschi, antiossidanti e antinfiammatori. Ma l'altra caratteristica è che i prezzi sono altissimi: perché “La qualità richiede che le cose costino, anche tanto”, ripetea pesso Mackey.
"Pensate a Google, senza l'hype che c'è intorno a Google"
L’espansione si accompagna anche ad una dozzina di acquisizioni di aziende del settore. Il business cresce e tanto. Nel 1992 l’azienda viene quotata in borsa. Anche in borsa le cose vanno piuttosto bene. E nel 2005 il Wall Street Journal: “Pensate ad un Google ma con meno hype: la scalata di Whole Foods” giustificando così una serie di rialzi in borsa che avevano portato l’azienda a valere 8 miliardi. Oggi capitalizza di 11 miliardi, ha 460 punti vendita negli Usa, in Uk e Canada.
Perché Amazon la compra?
Ma perché vendere, quindi? C’è da dire che ultimamente la redditività ha frenato. L’azienda ha chiuso 9 negozi e ha rivisto al ribasso le stime sui profitti. Il nuovo azionariato ha chiesto di cambiare strategie, vertici e anche tipo di business, puntando sull’online. Aprendo di fatto la strada a Jeff Bezos che, fortissimo sull’ecommerce, è da poco sbarcato nelle vendite al dettaglio per far leva sulle consegne a domicilio e su una distribuzione diversa da quella tradizionale: zero casse e cassieri e sconti per gli abbonati Prime di Amazon per consegne di cassette alimentari a domicilio con prezzi da abbonamento.